Un breve storia  del Coordinamento per la democrazia costituzionale 

di Alfiero Grandi e Domenico Gallo

 

Nel 2014 diverse associazioni e gruppi hanno organizzato iniziative sulla Costituzione, sul suo valore e sulla necessità di mettere l’accento sulla sua attuazione più che sulla sua modifica e hanno avviato una comune discussione critica sulle proposte di modifica che iniziavano a circolare per iniziativa del governo Renzi.

Successivamente si è riunito un tavolo di coordinamento tra alcune associazioni che avevano proposto all’Anpi di diventare il punto di riferimento di questa aggregazione riconoscendone valore e ruolo.

L’Anpi ha preferito non assumersi questo ruolo, pur restando disponibile a concordare  iniziative comuni su scelte condivise.

Le associazioni decisero di procedere comunque verso la costituzione di una sede comune con il compito di concordare obiettivi ed iniziative, decidendo di mantenere il nome di coordinamento, che successivamente prese il nome di Coordinamento per la democrazia costituzionale. Il nome doveva infatti indicare sia la difesa della Costituzione che l’impegno per la sua attuazione, in evidente polemica con il crescere di iniziative di stravolgimento.

Come è noto nel 2015 il governo Renzi decise di procedere a modificare la Costituzione con il noto pacchetto di 45 articoli e con una legge elettorale definita Italicum che riguardava solo la Camera dei deputati, dando per scontato che non sarebbe più esistito un Senato elettivo. L’Italicum, sulla falsariga della legge Acerbo, attribuiva ad un solo partito la maggioranza dei seggi alla Camera manipolando gravemente la rappresentanza al punto che la Corte Costituzionale ne dichiarò l’incostituzionalità prima che potesse essere applicata.

Il coordinamento decise di preparare una campagna politica sia per arrivare al referendum costituzionale previsto dall’articolo 138 e schierarsi in quella sede per il No, sia per promuovere un referendum abrogativo dell’Italicum.

L’11 gennaio 2016 il coordinamento convocò una manifestazione di lancio della campagna contro le scelte del governo Renzi nella sala dei gruppi parlamentari della Camera, invitando a parlare i rappresentanti di quanti erano contrari, e indicò il professor Alessandro Pace come presidente del Comitato per il No nel referendum costituzionale e il prof Gustavo Zagrebelsky presidente onorario, mentre il professor Massimo Villone divenne presidente del Comitato per il referendum abrogativo dell’Italicum, che aveva il prof Stefano Rodotà come presidente onorario.

L’iniziativa di lancio dell’11 gennaio 2016 andò molto bene, ebbe grande successo di partecipazione e una notevole eco politica. Tanto che da Forza Italia venne la proposta di entrare nel Comitato per il No, ma poi si convinse che ciascuno doveva rappresentare al meglio la sua area politico culturale di riferimento e la nostra era tendenzialmente di centro sinistra e liberale e che gli argomenti per motivare il No alle modifiche della Costituzione non erano e non potevano essere gli stessi, visto che il nostro Comitato criticava aspramente il Porcellum e confermava la continuità con  il No alle modifiche costituzionali del 2006, bocciate dal referendum popolare in  una sorta di ideale continuità. Infatti Alessandro Pace era anche presidente di “Salviamo la Costituzione,” associazione il cui primo presidente era stato Oscar Luigi Scalfaro che aveva guidato la campagna per il No nel 2006 contro le modifiche costituzionali volute da Berlusconi.

Nel febbraio del 2016 il Coordinamento lanciò la campagna di raccolta di firme per il referendum abrogativo della legge elettorale. Non fu raggiunto l’obiettivo delle 500.000 firme ma la relativa mobilitazione  riuscì a costruire una rete territoriale di comitati in Italia e all’estero che condusse con successo la campagna politica nel referendum costituzionale per il No alla riforma Renzi.

La campagna referendaria si è snodata lungo tutto il 2016 perché il governo decise di  fissare la data del referendum per il 4 dicembre 2016, dandogli una torsione politica di plebiscito a favore del governo e in particolare del presidente del Consiglio Renzi, che puntò apertamente ad un referendum sulla sua persona, scelta che come è noto gli si è ritorta contro.

Dopo la vittoria del referendum con il 60% per il No, riprese l’attività nel Coordinamento che aveva promosso i due Comitati, per il No nel referendum e  per l’abrogazione dell’Italicum e nella primavera del 2017 per rispondere ad una grande richiesta della mobilitazione di energie nel corso del referendum si decise di mantenere in vita la partecipazione attiva, importante e diffusa che il referendum aveva radicato in Italia e all’estero arrivando a costituire quasi 900 comitati locali.

Il Coordinamento si diede uno statuto che è tuttora in vigore nel luglio del 2017 dando vita ad una organizzazione volontaria di persone, senza sovraordinazione tra nazionale e locale e con la scelta di usare come elemento di unificazione il consenso e la partecipazione che ne consegue.

Prendendo atto delle dimissioni per ragioni di salute del prof Alessandro Pace si decise di unificare i due comitati in un’unica struttura presieduta dal prof Massimo Villone, affiancandolo con la stessa presidenza che era presente precedentemente in entrambi i comitati per il referendum costituzionale e per l’abrogazione dell’Italicum.

Nella seconda metà del 2017 e nel 2018 il Coordinamento ha sviluppato diverse iniziative. Anzitutto una raccolta di firme in calce ad un documento che chiedeva una nuova legge elettorale. Quella che fu approvata purtroppo fu molto diversa da quella che chiedeva il Coordinamento: in sostanza proporzionalità e diritto di scegliere direttamente gli eletti da parte degli elettori. Il Coordinamento elaborò anche una proposta  per indicare meglio le caratteristiche di una nuova legge elettorale, senza purtroppo trovare ascolto sufficiente e infatti fu approvato il cosiddetto Rosatellum.

Il coordinamento ha promosso manifestazioni davanti al Senato fino all’ultimo per tentare di bloccare questa scelta, purtroppo senza successo.

Il coordinamento inoltre ha portato avanti con altre associazioni proposte di legge per abrogare l’articolo 81 nella versione fatta approvare dal governo Monti nel 2012, per   innovare la scuola e il suo funzionamento, per risolvere con coraggio la questione dei migranti appoggiando la proposta Bonino/don Colmegna.

Questo per ricordare solo alcune delle iniziative nazionali, con raccolta di firme e iniziative di vario tipo.

In vista della campagna elettorale del 2018 la Presidenza decise di impegnarsi a non candidarsi e di garantire anche in questo modo l’autonomia politica del coordinamento e quindi chi si candidava, legittimamente, doveva automaticamente lasciare le responsabilità nel coordinamento.

Dopo le elezioni del marzo 2018 l’azione del coordinamento si è indirizzata su due obiettivi fondamentali, il primo è una critica di fondo ai decreti Salvini sui migranti che sono all’origine ancora oggi di un dramma umano inaccettabile, il secondo è l’inizio di una critica di fondo al taglio dei parlamentari che è stato un punto forte di unità dei populismi del M5S e della Lega che erano insieme al governo.

In quella fase il M5Stelle proponeva altre modifiche della Costituzione non meno inaccettabili come la modifica dell’articolo 67 per introdurre il vincolo di mandato per i parlamentari, che oggi è escluso.

Durante la fase del Conte 1 il parlamento ha votato due volte al Senato e una alla Camera la legge costituzionale per il taglio del parlamento, dopo la crisi del governo Conte 1 e la formazione della nuova maggioranza politica, come è noto, ebbe luogo la quarta ed ultima votazione alla Camera per il taglio del parlamento e questa volta ai voti della precedente maggioranza e della destra si sono aggiunti i voti della sinistra che è entrata a fare parte della maggioranza parlamentare che ha appoggiato la nascita del governo Conte 2.

Per questo il Coordinamento ha dato una valutazione negativa del taglio del parlamento e non avendo le risorse per organizzare la raccolta di firme per il referendum lanciò una petizione chiedendo ai senatori di raccogliere le firme necessarie per presentare la richiesta di referendum ai sensi dell’art. 138 della Costituzione.

In vista del referendum, nel gennaio 2020 su iniziativa del Coordinamento è stato costituito il Comitato per il No al taglio del parlamento che ha condotto la campagna elettorale che come è noto è stata spezzata in due dal rinvio della data dal 29 marzo al 20/21 settembre a causa della pandemia.

Dopo il referendum costituzionale del 20/21 settembre 2020il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale ha ripreso pienamente la sua funzione originaria e a questo proposito ha convocato un’assemblea nazionale dei comitati territoriali il14 novembre 2020 che ha avviato un programma di lavoro e di iniziative.