21 maggio 2024

Stiamo vivendo anni, mesi e giorni che ci circondano di ondate scure, molto scure, e di fatti che parlano di passato, un passato che ritorna, seppure in forme a volte inedite. Talmente inedite da non rendere facilmente riconoscibile il già visto, per dirla con Giambattista Vico, il filosofo dei corsi e ricorsi della storia. O riconoscibili solo da chi ha scienza storica o memoria di elefante. Inedita è, in Italia, un Presidente del consiglio donna. Ci fu chi disse. Ma che bella novità. Una donna! Una vittoria per il genere femminile! Per niente. Non apprezzo il patriarcato anche se veste abiti femminili.

 La mia generazione – la baby boomer – è stata ingannata dall’avere vissuto la gioventù nei cosiddetti trenta anni gloriosi, così definiti da autorevoli economisti. Si pensava che la stagione delle guerre fosse alle spalle, che – questione di tempo – la democrazia, quella scritta nella nostra Costituzione, sarebbe diventata la forma prevalente nel mondo, seppure con lentezza, e che la freccia della storia andasse indiscutibilmente in quella direzione.

Invece, la freccia del tempo da noi sognato ha preso una direzione inversa, quasi una inversione di marcia, quella sconsigliata o vietata, perché pericolosa. La guerra – non solo la spada di Damocle dell’equilibrio del terrore fondato sulla deterrenza nucleare – ma quella vera, armi in pugno, bombardamenti a tappeto, armi chimiche, disprezzo per la vita umana, carne da macello di eserciti che si fronteggiano, e di popolazioni civili annichilite, sono diventati di nuovo la norma. Senza dimenticare la guerra patriarcale contro le donne e il loro corpo, che continua e si aggrava. Insopportabile la libertà delle donne. Insopportabile la libertà dei popoli e delle persone che non obbediscono. Guerra patriarcale e guerra hanno un’unica radice. Noi, giovani donne negli anni Settanta, potevamo immaginare uno scenario di questo tipo? Non potevamo.

 

Anche gli spazi pubblici della politica respirano da tempo questa aria bellicosa. Linguaggi violenti che disprezzano l’avversario politico visto come nemico. Ritorna di fatto la teoria della dialettica – si fa per dire, riprendo una sua espressione – amico nemico come fondamento naturale della politica. Così teorizzò Carl Schmitt nel 1927, in un’opera scritta per dimostrare le buone ragioni del suo disprezzo per la democrazia, che la Costituzione di Weimar aveva tentato di fondare in Germania dopo la caduta del secondo Reich. La democrazia, cosa per anime deboli. I forti, invece, se non hanno subito un nemico, debbono cercarlo e trovarlo, altrimenti la politica non procede. Nel 1933 Schmitt si trovò bene con Hitler, che applicò immediatamente la sua ricetta. Cercò nemici e ne trovò molti. Da annichilire. Cosa che tentò di fare. Entrando in grave contraddizione. Se non hai più nemici, perché li hai eliminati tutti, cosa ti resta da fare?

Ora di fatto, seppure in assenza di Carl Schmitt, la dialettica amico nemico ritorna. È un ricorso della storia del quale, chi viene ucciso, senza colpa alcuna, farebbe volentieri a meno. La storia ha un andamento naturale, come le stagioni che si susseguono? Che noia, questo ripetersi. Se non fosse che gli umani fanno non solo guerre, ma anche arte e bellezza, e per gli imprevisti, alcuni veramente rivoluzionari. Questo interrompe quella che per noi è una tragica noia.

Liliana Segre e Elena Cattaneo, in Senato, testimoniano la forza che imprevisti della storia ci offrono, dandoci momenti felci nell’ascoltare il loro parlare chiaro, molto chiaro. Un linguaggio, il loro, ben diverso da quello bellicoso che sentiamo ovunque, nelle aule parlamentari, nei media, con il ritorno, nelle piazze, dei manganelli per la gioventù che protesta pacificamente. Il linguaggio dei manganelli, ben noto alla storia italiana, che, in un tempo neppure troppo lontano, risultò, per più di venti anni, vincente. Cosa sono i cento anni che ci separano dalla uccisione di Giacomo Matteotti per mano fascista? E’ un tempo storico breve. E le radici di quel tempo sono ancora vive, in Italia e in Europa.

Ma in questo ritornare di ombre brune, troviamo anche parole e storie veramente inedite, mai viste prima. Storie e parole che portano luce nella oscurità del tempo presente. E per molte ragioni.

La prima, per me. Sono parole di donne. La seconda. Sono donne Senatrici. La terza, la qualità dei loro argomenti e del loro linguaggio. Un linguaggio che non appartiene a quello che ordinariamente si sente nella aule parlamentari né, tanto meno, nei talk show, o nei vari media. Tutt’altra storia. Come è possibile che queste donne “aliene” siano arrivate fin qui?

La storia lo ha reso possibile. La sconfitta del nazifascismo, Liliana Segre sopravvissuta all’inferno di Auschwitz, la nostra Costituzione, che prevede i Senatori a vita, il voto alle donne, il femminismo. Questa sequenza attesta che nei ricorsi storici in realtà compaiono, per quanto riguarda le donne, fatti assenti nei precedenti ricorsi. Mentre il succedersi delle guerre è una costante.

 

Chi è Liliana Segre? Il suo nome ormai è noto da tempo. Ma vorrei ritrarne una fotografia ravvicinata. Riprendo qui alcune parole che ho a lei dedicato subito dopo avere ascoltato il suo recente intervento in Senato. A proposito di smentite della storia, Liliana lo è, una smentita, e in modo clamoroso, soprattutto per chi aveva lavorato con rigorosa perizia tecnica per sopprimere lei – e altri milioni di umani – perché colpevole di essere nata ebrea. Eterogenesi dei fini, però, nel suo caso e per chi voleva sopprimerla. Uscita viva dall’inferno, ha condotto la sua vita in piena libertà. Amore, affetti, figli, lavoro, cultura, studio, bellezza, eleganza. Ma, per decenni, silenziosa, in pubblico. Quando Liliana Segre è uscita dal silenzio? Quando si è accorta che c’era chi stava lavorando per negare che l’inferno da lei attraversato fosse mai esistito. Da qualche decennio, ormai, la sua voce si è fatta sempre più forte e chiara, perché fosse compresa e arrivasse ovunque.

Ed è arrivata. A un certo punto è arrivata anche al Senato della Repubblica. Ottima fu l’idea di Sergio Mattarella di nominarla Senatrice a vita, nel 2018. Indimenticabile il discorso di apertura della XIX legislatura, il 13 ottobre 2022, letto da Liliana Segre, elegante e bellissima, con voce calma e ferma. Accanto a lei Ignazio La Russa. Imbarazzato? Al termine, La Russa donò a Liliana un fascio di rose bianche, che Segre, con garbo, accettò. Una grande lezione, non solo di stile, ma di politica. Nessun odio per La Russa, erede di Almirante, fra i fautori, a suo tempo, delle leggi razziali.

Ma l’intervento di Liliana Segre in Senato, pochi giorni fa, quando ha avuto inizio il dibattimento sulla legge costituzionale che prevede il Premierato elettivo, ha superato ogni nostra positiva attesa. La sua analisi è all’altezza del migliore costituzionalismo. Con sintesi strepitosa, Segre mette a fuoco la proposta di riforma di Meloni quale asso pigliatutto, che in un colpo solo – in un’unica tornata elettorale, stante l’attuale legge elettorale incostituzionale – potrebbe prendersi il Presidente del Consiglio, un Parlamento appendice del partito del Premier eletto, il futuro Presidente della Repubblica e il controllo della Corte Costituzionale.

Una mostruosità che non esiste altrove. Mi stavo preparando, in previsione del quasi certo referendum sul Premierato. Non ne ho più bisogno. Tutti i migliori argomenti sono contenuti nel suo discorso. Lo considero un evento di portata storica. Se il fine era spegnere Liliana Segre, la missione infernale che cercò di farne cenere ha avuto una eterogenesi dei fini. La sua voce è diventata di tale forza da essere bussola per il necessario cammino che ci attende. Non solo. La sua forza ha superato i confini nazionali. È arrivata anche in Europa.

Infatti, ne ha scritto il Times che fa proprie le parole di Liliana Segre, e sottolinea i pericoli per la democrazia delle riforme di Meloni. Non è tutto oro che riluce, quello che accade in Gran Bretagna, a partire dal disastro della Brexit. Ma alla democrazia liberale la cultura britannica dà valore, avendo per la prima volta in Europa, già nel Medio Evo, imposto limiti ai poteri monarchici, e combattuto il nazifascismo con la forza che sappiamo. Il Times, che non ha le remore presenti nell’Italia del presente nel pronunciare la parola fascismo, afferma che il piano Meloni “riecheggia Mussolini”, e che la legge elettorale che abbiamo è peggio della legge Acerbo voluta da Mussolini.

A questo proposito, infatti, Liliana Segre ha parlato chiaro, ricordando, nel suo discorso, l’avvocato Felice Besostri, che al nostro diritto di votare con legge costituzionale ha dedicato le sue migliori energie e fino al suo ultimo giorno, che purtroppo si è compiuto pochi mesi fa. A suo tempo, anche con il sostegno di cittadine e cittadini di molte città – fra questi, numerose persone dei Comitati in Difesa della Costituzione della provincia di Ravenna e, fra queste, chi qui sta scrivendo – Besostri ottenne dalla Corte Costituzionale l’annullamento di parti del Porcellum e dell’Italicum. Chissà, forse le parole di Segre sono arrivate anche alla Corte Europea dei diritti umani, dove da qualche mese era in attesa di riscontro un ricorso predisposto da Felice Besostri e presentato dal Partito Radicale, di denuncia della legge elettorale italiana, il Rosatellum, che ci priva del diritto di scegliere liberamente chi ci rappresenta in Parlmento.

Poco dopo il discorso di Segre, la Corte europea ha riconosciuto l’ammissibilità del ricorso voluto da Besostri. È una conferma, forse, di quanto da tempo auspichiamo. L’Italia è, in Europa, tenuta sotto osservazione. È questa una delle ragioni per le quali forze politiche italiane, in modo più o meno esplicito, l’Europa la detestano, in attesa di potersene impadronire.

 

E Elena Cattaneo chi è? Quale è la sua storia? E’ diventata Senatrice a vita, nel 2013, nominata da Giorgio Napolitano. In quell’anno Napolitano fece scelte notevoli, fra arte – Claudio Abbado e Renzo Piano – e scienza, Elena Cattaneo con Carlo Rubbia. Elena Cattaneo, biologa di fama internazionale, una vita dedicata alla ricerca, spesa fra Massachusetts Institute of Technology e Università Statale di Milano. Convinta che la scienza possa aiutare la democrazia a crescere – parole sue -, è con questo spirito che da più di dieci anni svolge il suo compito di Senatrice. In modo del tutto libero, anche prima della nomina a Senatrice. Per esempio, prese posizione contraria rispetto alle legge 40 del 2004 che regolava con inaccettabili restrizioni la procreazione assistita. Si astenne nel voto per il governo Conte I, nel 2018, e votò a favore del governo Conte II, nel 2019.

Una scienziata che, nel discorso in Senato sul Premierato elettivo, invoca la logica. Dice, testualmente “Non regge al vaglio della logica, ancor prima che a quello della democrazia avanzata, pensare che il Parlamento, eletto contestualmente al Presidente del Consiglio (quindi sostanzialmente “per trascinamento”) non abbia alcuna sostanziale forma autonoma di controllo sull’attività del governo, mentre il governo può determinarne sia l’attività legislativa sia, in ogni momento – a discrezione del Presidente del Consiglio – lo scioglimento”. Che dire? Anche in questo caso, come nelle parole della Segre, sentiamo una padronanza e una sapienza costituzionale che ci stupiscono, una volta tanto in positivo. Elena Cattaneo fa poi riferimento alla possibilità di ricercare forme che favoriscano la stabilità dei governi, come potrebbe essere la sfiducia costruttiva, sul modello tedesco, suggerimento che è stato proposto anche da importanti costituzionalisti. Ma nessun accordo è possibile sul Premierato elettivo.

Quella di Elena Cattaneo è una storia diversa da quella di Segre, e non solo per ragioni generazionali. Eppure nel loro linguaggio si respira laicità e una ferma convinzione che la democrazia come delineata nella Costituzione sia di tale valore da non potere consentire a nessuna avventura di ferirla a morte.

 

Nella storia di Cattaneo e Segre compare un fatto nuovo, inesistente nei precedenti corsi e ricorsi della storia. Studiose femministe hanno scoperto figure femminili, che nel corso del tempo, sono state artiste e scienziate, e occultate dalla storia scritta dai maschi. Ma che donne fossero nel Senato, o nei Parlamenti, non hanno avuto bisogno di occultarlo, perché in quei luoghi mai sono arrivate. Nel Senato romano, Istituzione studiata da storici e giuristi, anche con una certa e comprensibile ammirazione, sedevano maschi paludati e porporati – la porpora, simbolo di aristocrazia -, e oratori eccellenti, come Cicerone. A Westminster, sia nella Camera dei Lord che nella Camera dei Comuni, per centinaia d’anni, solo maschi.

C’è voluto il Novecento, tragedie immani e donne uscite con coraggio dal silenzio, per averle e vederle attive nelle Camere, nei Senati, come mai prima. Neppure l’attuale governo, che disprezza la Costituzione, pensa, su questo punto – su altri punti lo sta pensando – di invertire la freccia del tempo. Anche le donne possono stare in Senato, purché non abbiano la libertà di pensiero e la laicità di Segre e Cattaneo. Però, fra le proposte di riforma, Meloni mette anche l’abolizione della carica di Senatore a vita. Una mia ipotesi interpretativa. Forse nel mondo nel quale cerca e trova i suoi sodali, Meloni ha difficoltà a trovare persone del valore di Segre e di Cattaneo? Chissà. Non lo escludo.