FELICE BESOSTRI. Un esempio di vita al servizio della DEMOCRAZIA e della COSTITUZIONE

Di Paola Patuelli

Appena arrivati i Re Magi, Felice Besostri ci ha lasciato.

Lasciandoci però un compito, che possiamo meglio comprendere se ascoltiamo la prima delle Conversazioni che aveva avviato nel suo sito, dedicata alla Palestina e Israele.

Su queste sue ultime parole torneremo.

Poche ore dopo la sua uscita dal mondo, ricevo il saluto a lui dedicato dalla Presidenza del CDC, che vi invito a leggere. Poche parole che ci restituiscono la grande ricchezza umana, politica e giuridica di Felice.

Noi, a Ravenna, possiamo testimoniarlo. Lo abbiamo avuto, nella nostra città, e anche ad Alfonsine, un piccolo comune della nostra provincia – ma Felice andava ovunque lo chiamassero – in più di una occasione, durante la campagna referendaria del 2016 con la quale abbiamo detto NO alla riforma Renzi, quella che Besostri definì, fin dall’inizio, deforma. Un termine che ora fa parte del lessico di noi, artigiani – siamo costituzionalisti home made, guidati da maestri come Felice – e partigiani di questa Costituzione, l’attuale ancora in corso, per quanto spesso spesa male e disattesa. Un’ultima sua visita l’abbiamo avuta durante la campagna per il nostro, di nuovo, NO, al taglio del numero dei Parlamentari.

Fu tramite Felice Besostri che entrammo, molte e molti, da Ravenna, in contatto con gli avvocati Di Matteo e Sentimenti, per sottoscrivere il ricorso contro l’Italicum. Il suo successo contro il Porcellum ci aveva entusiasmato. E l’avere, per questa nostra collettiva iniziativa, fermato anche l’Italicum, lo dobbiamo soprattutto  a lui. Ma, di nuovo, arriva il Rosatellum, legge elettorale che, ci spiegò Felice, era peggiore dell’Italicum. Quindi, dobbiamo di nuovo agire, ci disse Felice. Lo abbiamo fatto, portando il nostro ricorso al Tribunale di Bologna, e in qualche altro tribunale, ma, ad oggi, senza esito. Negli ultimi mesi, questa era l’ombra che ha offuscato il cielo di Felice. Ma non si è arreso. Ha trovato la collaborazione del gruppo parlamentare + Europa, con il proposito di arrivare alla Corte europea dei diritti. Perché Felice era convinto che fossimo stati di nuovo derubati, con il Rosatellum, del nostro libero diritto di voto, negato dalle liste bloccate. Sono i partiti che scelgono chi ci rappresenta, non noi, privati così di un  diritto senza il quale la rappresentanza diventa un fantasma. Avrà ragione, Felice, anche in questo caso, con il ricorso alla Corte europea, anche se postuma? Inoltre, nelle ultime settimane, stava lavorando per verificare la possibilità di affossare il Rosatellum per via referendaria. Riuscirà, questo suo ultimo progetto, ad avere un futuro? Hanno da dire nulla, in merito, i partiti che sono all’opposizione? Verdi e sinistra , se non ricordo male, votarono contro il Rosatellum. Schlein non era ancora segretaria del PD e non porta la responsabilità del Rosatellum, né dell’avere promesso, senza mantenere la promessa – peccato grave, in politica -,  un diretto impegno per una nuova legge elettorale. 

Felice non ha mai preso le distanze dal Partito socialista. Anzi, orgogliosamente continuava a definirsi tale. Uno volta, scherzando, gli rimproverai di essere stato craxiano. E lui, con parole ferme, mi disse. Mai stato nella corrente di Craxi. Mi opponevo a lui, ero in minoranza. Facevo parte della corrente di Francesco De Martino. Buona scuola, gli dissi. Una grande scuola di cultura e di coerenza politica, che Felice ha fatto propria. Con il suo grande impegno scientifico e giuridico, e con l’impegno politico, sia come Senatore della  Repubblica, nella XIII legislatura, che come cittadino attivo. Sentiva la grande responsabilità che gli derivava dalla scelta politica che aveva fatto. E la sua coerenza gli consentì, caduto Craxi, di continuare e definirsi, senza alcun imbarazzo, socialista.

Infatti il suo riferimento teorico, come ha ricordato Fabozzi ne il Manifesto, era l’austro-marxismo. E anche di questo era orgoglioso. Un socialismo democratico – Dubcek avrebbe detto dal volto umano -, che porta la passione per la giustizia sociale nella cultura e nella lotta parlamentare, tenendo in grande conto il nesso fra etica e politica. Ecco perché Felice non si fermava mai, di fronte a nessun ostacolo. Se i partiti non si muovono, dobbiamo muoverci noi, diceva. Il suo sogno. Una ricomposizione dell’esempio e del pensiero di Giacomo Matteotti e dell’esempio e del pensiero di Antonio Gramsci.

Cosa stava preparando Felice Besostri per il 2024? Iniziative di incontro e di studio per il 100 anni dall’assassinio di Matteotti.

Sentivo in Felice una tensione che potremmo definire anche mazziniana, garibaldina. Pensiero e azione. Il non fermarsi mai. L’accorrere dove si è chiamati  e il chiamare a raccolta. E non solo quando c’era la certezza del buon esito, che non si ha mai, all’inizio di qualunque impresa.

L’anno appena passato si è concluso con l’uscita dal mondo di Francesco Baicchi, altra figura di cittadino esemplare, che mai si è fermato e mai ha sospeso il suo impegno, anche quando vedeva la nostra stanchezza, la nostra tristezza. Che dire? Francesco veniva da una storia repubblicana, rigorosamente laica, Felice Besostri da una storia socialista. Chi scrive da una storia comunista, riveduta, corretta e mai cancellata. Ma, in questi ultimi venti anni, abbiamo camminato nella stessa direzione. Non solo nella stessa direzione, ma insieme. E’ un caso? O è una indicazione che ci viene dalla storia e sulla quale varrebbe la pena che chi ha  storie simili alle nostre – non siamo in piccolo numero – si fermasse a riflettere, e non di sfuggita? Quando Felice seppe della scomparsa di Baicchi e della mia intenzione di partecipare al saluto laico di Francesco, nella sua Pistoia, mi scrisse, dispiaciuto di non potere raggiungerci. E mi chiese di scrivere il suo nome nel quaderno delle visite. Molto volentieri scrissi il suo nome e gli mandai la foto della pagina del quaderno dove compariva. In quel preciso momento, le nostre diverse storie si sono date la mano. 

Per meglio capire chi era Besostri, suggerisco di ascoltare quella che forse è la sua ultima uscita pubblica. E’ la prima, mi pare di capire, di una serie di Conversazioni previste nel sito di Felice Besostri. Il tema è Israele-Palestina: la pace negata. Quindi, il lavoro di Besostri non si limitava all’analisi di quello che accade in Italia. Ma, come prevedeva la vecchia scuola, “la nostra patria è il mondo intero”.  Quello che colpisce nelle parole di Besostri è la laicità, nelle sue varie forme. Le religioni, le storie, i paesi, le culture, non sono cose nostre, private, da accarezzare o da disprezzare, a seconda dei casi. Vanno accostate con l’attenzione che tutto ciò che è complesso richiede. E’ così da sempre. Il tempo che stiamo vivendo è di enorme complessità. Sembra che siano arrivate al pettine questioni sospese o rimosse da secoli. Il link per l’ascolto https://www.felicebesostri.it/conversazioni-1-puntata/.

Questa è l’ultima lezione di Besostri. Senza dimenticare un particolare di grande portata. La conversazione è stata registrata il 23 dicembre del 2023, l’antivigilia di Natale, a proposito di Palestina. Non so quanto sia presente al cosiddetto immaginario collettivo che Gesù era un ebreo palestinese. Felice è uscito dal mondo nella notte del 6 gennaio 2024, dopo quindici giorni. Pochi giorni di riposo, dopo una vita senza soste. Il suo maestro, azionista e socialista,  Francesco De Martino, è molto orgoglioso di lui.

L’ultimo saluto a Felice Besostri sarà sabato 13 gennaio, alle ore 14.45, presso le Onoranze Funebri TURATI, via Bauer 19, a Milano. Altra scelta fortemente simbolica. Besostri ha scelto lo spazio laico dedicato al socialista Filippo Turati, che fuggì dall’Italia, nel 1926, dopo che Mussolini sciolse d’autorità il PSU. I suoi compagni socialisti lo convinsero a fuggire. C’era il timore che potesse fare la stessa fine di Giacomo Matteotti.

Paola Patuelli