L’intimidazione dei giudici è un atto eversivo

Da Il Manifesto del 10 ottobre

Il decreto della giudice di Catania che non ha convalidato il provvedimento di trattenimento (cioè di privazione della libertà personale) di tre richiedenti asilo provenienti dalla Tunisia è servito da pretesto per dare la stura ad un inammissibile attacco all’indipendenza della magistratura attuata mediante la manganellatura mediatica della dottoressa Apostolico e degli altri magistrati che esercitano le loro funzioni nel settore dell’immigrazione, considerati colpevoli aver assunto «posizioni in contrasto con le politiche del governo in materia di sicurezza, accoglienza e difesa dei confini”.

Queste aggressioni ai magistrati che esercitano un delicato potere di controllo sulla frontiera della tutela della vita, della dignità e della libertà di soggetti particolarmente vulnerabili quali sono i migranti ed i richiedenti asilo, sono mirate a condizionare l’esercizio della funzione giudiziaria per sottometterla all’indirizzo politico di maggioranza del governante di turno.

La Costituzione garantisce l’indipendenza effettiva del potere giudiziario allo scopo di consentire ai giudici di censurare gli eventuali abusi di poteri pubblici e privati a danno dei diritti inviolabili dell’uomo. Sul fronte dell’immigrazione da molti anni si sperimentano condotte discriminatorie e normative che collidono con la Costituzione e con le fonti sovranazionali in materia di diritti dell’uomo. Di qui l’esigenza di addomesticare la giurisdizione per rendere inoffensiva la

La pratica dell’intimidazione diretta dei magistrati è stata già sperimentata. In un epoca in cui Salvini svolgeva le funzioni di Ministro dell’Interno, il 5 giugno del 2019 fu resa pubblica una nota del Viminale dalla quale emergeva che il ministro dell’interno aveva dato mandato ai suoi uffici di “tracciare” le uscite pubbliche di tre magistrati, Matilde Betti, presidente della prima sezione del tribunale civile di Bologna, Luciana Breggia, presidente della sezione specializzata sull’immigrazione del Tribunale di Firenze e Rosaria Trizzino, presidente di una Sezione del TAR di Firenze, mettendo a fuoco le loro attività extraprocessuali come partecipazioni a presentazioni di libri, collaborazioni a riviste, persino la posizione in platea accanto a esponenti delle Ong in occasione di manifestazioni pubbliche.

Questa pratica illegittima di “tracciare” le uscite pubbliche dei magistrati è stata rilanciata con i filmati che documentano la presenza della dottoressa Apostolico ad una manifestazione pubblica svoltasi nel 2018 ed è stata ripresa da un quotidiano nei confronti della dottoressa Silvia Albano, componente della Sezione immigrazione del Tribunale di Roma. Queste aggressioni mediatiche, frutto di una illegale attività di dossieraggio, tendono a screditare la reputazione dei magistrati che ne sono oggetto, insinuando dubbi sull’imparzialità nell’esercizio delle loro funzioni.

Al riguardo deve essere evidenziato che, alla caduta della dittatura fascista, il primo atto del Ministro di Grazia e Giustizia, il liberale Arangio Ruiz, fu di restituire ai magistrati il diritto di esprimersi liberamente e di partecipare alla vita politica, con la Circolare 6 giugno 1944, n. 285 che rimosse il divieto imposto dal fascismo. La partecipazione dei magistrati al dibattito pubblico non incide sull’imparzialità della funzione giudiziaria, che non ha niente a che vedere con la politica o con le opinioni politiche espresse dai cittadini magistrati.

L’imparzialità è una caratteristica strutturale dell’esercizio del potere giudiziario che attiene alla libertà di coscienza del giudice, che quando assume una decisione lo deve fare libero da condizionamenti, senza temere nulla e senza aspirare ad ottenere vantaggi. Le aggressioni scatenate contro i magistrati che si occupano di immigrazione mirano proprio a colpire l’imparzialità dei giudici, attraverso l’intimidazione. L’effetto di questi atti d’intimidazione induce una crescita del conformismo nel corpo dei magistrati che vengono condizionati nella loro libertà di coscienza dal rischio di andare incontro ad attacchi insidiosi. Nelle “democrazie illiberali”, il primo presidio dello Stato di diritto ad essere attaccato è proprio l’esercizio indipendente del potere giudiziario, come accade in Polonia e Ungheria. Bisogna impedire che ciò accada anche nel nostro paese. L’intimidazione dei giudici è un’azione eversiva che deve essere stroncata, se vogliamo evitare una svolta autoritaria.

***La presidenza del Coordinamento per la democrazia costituzionale