Oggetto: Mozione d’indirizzo sull’Autonomia Differenziata (AD) ex art. 116, c.3 della Costituzione.

Il Consiglio Comunale

PREMESSO CHE

  • la Costituzione italiana prevede la possibilità per le Regioni di richiedere ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia (articolo 116, comma 3 della Costituzione, con riferimento all’articolo 117 comma secondo – per alcune lettere – e terzo). Il tutto però con la cautela inderogabile di un fondo di perequazione privo di vincolo di destinazione e a beneficio dei territori con minore capacità fiscale per abitante (articolo 119 comma 3);
  • la legge fondamentale configura, dunque, l’autonomia differenziata come una possibilità offerta alle Regioni, previa intesa con lo Stato e approvazione delle Camere a maggioranza assoluta, per trattare a livello territoriale ciò che ha una dimensione locale, al fine di rimuovere eventuali inefficienze e recuperare efficienza ed economicità nell’azione della pubblica amministrazione;
  • Nel mese di novembre 2022 è stato presentato dal Ministro Calderoli un disegno di legge sull’attuazione dell’autonomia differenziata.
  • In data 16 marzo 2023 il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva il disegno di legge recante “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”.
  • Il DDL prevede dieci articoli, entro i quali si definiscono i principi generali per l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia e le relative modalità procedurali di approvazione delle intese fra lo Stato e una Regione.

CONSIDERATO CHE

Le materie a legislazione concorrente, che potrebbero passare in tutto o in parte alle Regioni richiedenti, sono le seguenti:

rapporti internazionali e con l’Unione Europea delle Regioni;

commercio con l’estero;

tutela e sicurezza del lavoro;

istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione dell’istruzione e             della formazione professionale;

professioni;

ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi;

tutela della salute;

alimentazione;

ordinamento sportivo;

protezione civile;

governo del territorio;

porti e aeroporti civili;

grandi reti di trasporto e navigazione;

ordinamento della comunicazione;

produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia;

previdenza complementare e integrativa;

coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;

valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione ed organizzazione di attività culturali;

Casse di Risparmio;

Casse Rurali;

Aziende di credito a carattere regionale:

Enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale;

A tali materie le Regioni possono chiedere di aggiungere tre materie attualmente di competenza esclusiva dello Stato:

organizzazione della giustizia di pace;

norme generali sull’istruzione;

tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.

RILEVATO CHE:

  1. a) Il DDL prevede, in prima istanza, la definizione dei LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni) e, successivamente, la stipula di intese tra lo Stato e le Regioni, ammesso che queste interessino materie soggette agli stessi LEP. Le intese siglate sarebbero modificabili solamente con il consenso della Regione.
  2. b) L’accordo raggiunto il 2 febbraio 2023 in Consiglio dei Ministri stabilisce che la definizione dei LEP avvenga attraverso una cabina di regia, il cui operato sarà oggetto di DPCM e su cui il Parlamento potrà esprimere soltanto un parere non vincolante. In questo modo, il Parlamento viene di fatto esautorato dal potere  di intervenire in importantissime decisioni.
  3. c) Al Parlamento, inoltre, è riservato un ruolo solo notarile nel processo di formazione delle intese. L’Aula è chiamata a una “mera approvazione”, non potendo entrare nel merito dell’intesa.
  4. d) Le intese tra Regioni e Stato sarebbero approvate anche senza la preventiva definizione legislativa dei LEP, costi e fabbisogni standard, perequazione strutturale.
  5. e) Vengono così sottratte allo Stato le competenze legislative e le relative funzioni amministrative per le materie richieste nelle pre-intese del 2018. Viene tolta potestà legislativa allo Stato persino sulla determinazione dei principi regolanti le singole materie, alterando l’impianto dell’art. 117 della Costituzione.
  6. f) Il finanziamento dell’Autonomia Differenziata potrebbe avvenire, all’inizio, utilizzando il criterio della spesa storica (la stessa che perpetua le attuali disuguaglianze tra territori), nell’ambito di un regime transitorio di cui non si conoscono inizio e fine. Al contrario, il passaggio dalla spesa storica al costo standard rappresenterebbe un’occasione per colmare il gap tra regioni del Nord e regioni del Sud, garantendo in modo uniforme, e sull’intero territorio nazionale, i diritti civili e sociali.

VALUTATO CHE:

  1. a) Il DDL in questione pregiudica l’interesse nazionale, poiché incoraggia la frammentazione delle competenze e dei divari economico-sociali. Le manovre politiche del Governo dovrebbero mirare a ridurre i divari interni, anziché ampliarli, soprattutto in questa fase di grande trasformazione del panorama europeo e internazionale.
  2. b) Esiste una interdipendenza tra tutte le Regioni e i territori italiani, tali per cui il Paese cresce o arretra insieme. Il riordino istituzionale di cui ha bisogno il Paese riguarda soprattutto i Comuni, che necessitano di rafforzarsi e di instaurare un dialogo e una relazione forte e stabile con le Regioni di riferimento. I compiti previsti sono di straordinario rilievo e richiedono, per questo, un impegno condiviso e solidale.
  3. c) Ogni autonomia differenziata comporta sottrazioni di ingenti risorse finanziarie alla collettività nazionale e la disarticolazione di servizi di infrastrutture logistiche, (porti, aeroporti, strade di grande comunicazione, reti di distribuzione dell’energia, eccetera), che per loro natura non possono che avere una struttura unitaria. Ma nemmeno la Regione che ottiene l’autonomia se ne avvantaggia: sia perché il Sud è il mercato essenziale per il Nord, sia perché nelle stesse regioni “ricche” le condizioni interne tra le varie realtà territoriali non sono omogenee e quelle più svantaggiate difficilmente riceverebbero compensazioni che, nell’ottica dell’efficienza, andrebbero, invece, alle parti già più agiate e meglio organizzate.
  4. d) Varie Regioni e moltissimi Sindaci, sia del Nord che del Sud, hanno manifestato contrarietà alle richieste avanzate dalla tre Regioni più ricche, ritenendo che se questa scelta di devoluzione si realizzasse, sarebbe a rischio l’unità giuridica ed economica della Repubblica (violazione degli articoli 2, 3 e 5 della Costituzione), con enormi complicazioni nel governo delle singole materie, in danno dell’eguaglianza dei cittadini, delle imprese e delle pubbliche amministrazioni locali e nazionali.

TENUTO CONTO:

  1. Delle molteplici criticità rilevate nell’analisi del testo,
  2. Del No espresso con fermezza da Presidenti di Regione e Sindaci di tutta Italia, rispetto al

rischio di frammentazione in materie quale scuola, infrastrutture e non ultima sanità (sebbene l’esperienza della pandemia suggerisca di muoversi in senso opposto).

  1. Della raccolta di un numero di firma ben superiore alle 50 mila necessarie sulla proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare promossa dal “Coordinamento per la Democrazia Costituzionale”, che vincola il decentramento di ulteriori forme di autonomia alle specificità territoriali, attribuisce alla legge dello Stato, sentiti la Regione e gli Enti locali, la libera decisione in materia, prevede la possibilità di ricorrere a un referendum nazionale preventivo sul testo approvato dal Parlamento e a un referendum abrogativo sulla legge entrata in vigore.

PER TUTTO QUANTO PREMESSO

impegna la Giunta e il Sindaco

  • chiedere il ritiro del disegno di legge sull’autonomia regionale differenziata;
  • sostenere la proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare;
  • sollecitare la definizione dei LEP e degli altri strumenti perequativi e di eliminazione delle attuali diseguaglianze, già previsti dalla Costituzione e dalla legislazione vigente.