Cosa pensa del primo atto dell’esecutivo guidato dal Presidente Giorgia Meloni, che inserisce nel codice penale l’articolo 434-bis. Una norma in materia di “occupazioni abusive e organizzazione di raduni illegali”. Era così necessaria ed urgente?
«Secondo l’art. 77 della Costituzione il Governo può adottare provvedimenti provvisori con la forza di legge solo “in casi straordinari di necessità ed urgenza”. In questo caso il ricorso al decreto legge è macroscopicamente ingiustificato, sia perché non esiste un pericolo alla pubblica incolumità generato da qualche sporadico “rave party”, sia perché non c’è nessun vuoto normativo da riempire in quanto l’ordinamento conosce già il reato di invasione di terreni o edifici, prevedendo la procedibilità d’ufficio e la pena della reclusione da 2 a 4 anni se il fatto è commesso da più di 5 persone (art. 633 c.p.)».
Per qualcuno la norma è poco chiara nell’individuazione della fattispecie. Potrebbe essere interpretata in maniera estensiva?
«È bene chiarire che la nuova fattispecie non si applica solo ai Rave Party, ma a tutti i casi in cui vi sia un raduno di 50 o più persone su aree private o pubbliche. Un picchetto di operai in sciopero che si radunano nel piazzale dinanzi ad una fabbrica può cadere sotto la scure del nuovo art. 434 bis perché per integrare il reato è sufficiente un pericolo “astratto”».
Alcuni esponenti dell’opposizione temono che questo nuovo reato possa mettere a rischio la libertà di manifestazione. Secondo lei è così?
«La norma realizza una forma di criminalizzazione di tutte le manifestazioni di protesta che normalmente si realizzano mediante il raduno di più persone in luoghi pubblici o privati, può essere applicata al movimento studentesco, ai movimenti di lotta per la casa, per l’acqua pubblica, a chi protesta per le bollette o per il costo dell’energia».
L’articolo 17 della Costituzione Italiana recita: “I Cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”. C’è incompatibilità?
«Il nuovo reato è in aperta collisione con l’art. 17 della Costituzione che garantisce la libertà dei cittadini di riunirsi pacificamente e senz’armi. La Costituzione consente di impedire le riunioni pubbliche solo per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica, cioè per consentire una limitazione della libertà di riunione richiede l’esistenza di un pericolo concreto, il nuovo reato, invece, criminalizza le riunioni su luoghi pubblici o privati anche in presenza di un pericolo “astratto”».
Nel testo si utilizza il termine “invasione”. Lo trova esagerato?
«È esagerato inventarsi un nuovo reato per comportamenti che sono già sanzionati dall’ordinamento».
È stato detto che viene messa a rischio la libertà dei cittadini. Lei vede questo rischio a seguito del nuovo reato?
«C’è il rischio concreto di interventi repressivi per mettere a tacere i movimenti di protesta che saranno sicuramente generati dal crescente disagio sociale. Sullo sfondo c’è il ritorno della politica del manganello».