Negli anni di Gorbacev, l’epoca dei muri, del confronto brutale fondato sulla forza, della corsa agli armamenti, dell’equilibrio del terrore franò sotto i nostri occhi come per effetto di un terremoto della storia. Al suo posto balenò per un brevissimo periodo la speranza di una nuova epoca.

1. La coesistenza pacifica deve diventare una norma universale dei rapporti internazionali: nell’era nucleare è indispensabile ristrutturare le relazioni internazionali, affinché il confronto sia soppiantato dalla cooperazione e le situazioni di conflitto siano risolte con mezzi politici pacifici e senza ricorrere alle armi.

2. La vita umana dev’essere considerata il valore supremo:
3. La nonviolenza dev’essere alla base della vita della comunità umana:
la filosofia e la politica fondate sulla violenza e sull’intimidazione, sulla disuguaglianza e sull’oppressione, sulla discriminazione di razza, di fede religiosa o di colore della pelle sono immorali e inammissibili. Esse sprigionano uno spirito di intolleranza, sono deleterie per le nobili aspirazioni dell’uomo e negano tutti i valori umani.

4. La comprensione reciproca e la fiducia devono sostituire la paura e il sospetto:

(..) è necessario instaurare un nuovo ordine mondiale per garantire giustizia economica e uguale sicurezza politica per tutti gli Stati. La cessazione della corsa agli armamenti è il presupposto necessario per l’instaurazione di un simile ordine.

(..)

9. La sicurezza internazionale globale deve prendere il posto dell’«equilibrio del terrore»: il mondo è uno e la sua sicurezza è indivisibile.

Sono questi alcuni degli articoli della Dichiarazione di Nuova Delhi, firmata da Mikhail Gorbaciov e Rajiv Gandhi a nome dell’URSS e dell’India il 27 novembre 1986.

Il 30 agosto scorso è morto Gorbacev, i leader occidentali e Putin hanno accompagnato la sua uscita di scena con lacrime di coccodrillo ma probabilmente anche con un sospiro di sollievo. Mentre infuria la follia della guerra, giunta ormai al 190 giorno, non potrebbe essere più evidente il fallimento del sogno di Gorbacev di un’Europa riunita e pacificata dall’Atlantico agli Urali nel contesto di un nuovo ordine mondiale fondato sulla cooperazione fra le nazioni anziché sull’equilibrio del terrore. Gli architetti dell’ordine mondiale hanno lavorato alacramente per sbarazzarsi di questo sogno e rovesciarlo nel suo contrario. Il sogno si è trasformato in un incubo.

La dichiarazione di Nuova Delhi, che in Occidente è stata completamente ignorata, poneva le premesse per cambiare il corso della Storia, esprimendo un pensiero nuovo orientato a delineare una prospettiva concreta di salvezza per l’umanità. A differenza del Progetto per una pace perpetua, scritto da Immanuel Kant nel 1795, la Dichiarazione di Nuova Delhi, non era destinata a rimanere confinata nel campo della speculazione filosofica perché proveniva da un leader politico a capo di una superpotenza dotata di armi nucleari che incarnava uno dei principali attori della politica internazionale.

Essa rappresentava una sorta di manifesto del progetto politico alla cui attuazione Gorbacev si sarebbe dedicato negli anni seguenti. Infatti tre anni dopo sarebbe caduto il muro di Berlino, l’armata rossa si sarebbe ritirata, i popoli dell’est europeo avrebbero recuperato la piena libertà di autodeterminazione; la NATO dell’est (il Patto di Varsavia) si sarebbe disciolto; sarebbe stato avviato un processo verso il disarmo inconcepibile fino a qualche tempo prima, che portò al ritiro delle armi nucleari a medio raggio in Europa (Trattato INF, 1987) e al Trattato per la messa al bando delle armi chimiche (Parigi, 1993).  Negli anni di Gorbacev, l’epoca dei muri, del confronto brutale fondato sulla forza, della corsa agli armamenti, dell’equilibrio del terrore franò sotto i nostri occhi come per effetto di un terremoto della storia. Al suo posto balenò per un brevissimo periodo la speranza di una nuova epoca in cui si potesse avverare la profezia della Carta della Nazioni Unite, di un’umanità liberata per sempre dal flagello della guerra, dove le relazioni internazionali ed interne agli Stati fossero regolate dal diritto e dalla giustizia.

Gorbacev consentì la riunificazione della Germania, sanando l’ultima ferita della Seconda Guerra Mondiale. Pose solo una condizione, che la NATO non estendesse le sue armi ad est dell’Elba e si fidò della parola data dalle Cancellerie di USA e GB e della stessa NATO per bocca del suo Segretario Generale dell’epoca Manfred Worner. Sappiamo com’è andata a finire.

A partire dal 1999, in concomitanza con l’aggressione alla Jugoslavia, la NATO ha cominciato ad estendersi ai Paesi dell’Europa dell’est, ha stimolato un nuovo processo di riarmo, eleggendo, come nuovo nemico da contrastare la Federazione Russa al posto della scomparsa Unione Sovietica.

Questa politica di costruzione del nemico ha avuto successo.

Il nemico si è materializzato ed ha scatenato un conflitto armato per bloccare la penetrazione della NATO e dei suoi armamenti nell’Ucraina, dove nel frattempo la politica aveva creato una insanabile frattura fra la componente russofona della popolazione e quella ucraina.

Dopo sei mesi di morte e distruzioni si è sprigionato un livello di violenza e di odio che ha qualcosa di metafisico. Al punto che il 25 agosto il Ministro degli esteri Ucraino, Kuleba, ha convocato il Nunzio apostolico per esprimere il disappunto del governo Ucraino per le parole del Papa che aveva espresso dolore per le vittime innocenti della guerra e aveva anche richiamato la tragica fine della cittadina russa Darya Dugina, vittima di un atto di terrorismo.

I russi sono diventasti l’immagine del male, dolersi dell’assassinio di una giovane donna è divenuto agli occhi della nomenclatura ucraina quasi un sacrilegio. Non solo la pietà e morta, ma coloro che esprimono sentimenti di pietà per la morte dei “nemici” devono essere redarguiti, anche se si tratta del Papa. L’odio ormai è l’unico linguaggio che parla la politica e la sua espressione pratica sono le bombe. E noi siamo tutti chiamati dai leader politici e dai mass media ad arruolarci in questo gioco al massacro, oltre il quale non si intravede alcuno sbocco.

A fronte delle tenebre in cui siamo immersi, risplende la saggezza della dichiarazione di Nuova Delhi: “La costruzione di un mondo nonviolento esige una trasformazione rivoluzionaria della mentalità degli uomini, l’educazione dei popoli nello spirito della pace, il rispetto reciproco e la tolleranza. Occorre vietare la propaganda della guerra, dell’odio e della violenza e rinunciare agli stereotipi della mentalità di chi vede un nemico in altri paesi e popoli.”

Se vogliamo uscire dall’incubo in cui viviamo dobbiamo ripartire dai grandi principi e dagli ideali che da Mikhail Gorbaciov e Rajiv Gandhi offrirono all’umanità in un giorno di novembre del 1986.