La lotta di Liberazione dal nazifascismo è stata la preparazione della democrazia in Italia dopo la dittatura e la guerra e da quell’impegno comune delle forze culturali e politiche fondamentali è nata la nostra Costituzione della Repubblica. Il 25 aprile è il ricordo della drammatica ma vittoriosa svolta storica che ha portato la democrazia in Italia. Negli ultimi decenni con faciloneria troppi hanno pensato che la Costituzione fosse superata, almeno in alcune sue parti, senza coglierne il disegno unitario e forte che ha fatto della democrazia in Italia un riferimento nel mondo. Non molti anni fa la Costituzione italiana veniva studiata nei paesi che stavano faticosamente conquistando la democrazia politica e sociale, perché la sua originalità è che la democrazia è intesa come un corpo che riguarda non solo il voto ma anche i diritti e la società e rende possibile il cambiamento delle classi dirigenti.

Del resto è proprio questo carattere progressista sul piano sociale che l’ha resa invisa ai centri di potere finanziari internazionali e nazionali che hanno in tutti i modi cercato di consigliarne la revisione per togliere di mezzo gli ostacoli al turbo capitalismo che il corpo di valori della Costituzione ostacola nelle sue dinamiche perverse. Le destre di varia natura hanno da sempre cercato di cambiare la Costituzione perseguendo obiettivi di centralizzazione, di autoritarismo, di potere concentrato nelle mani dei capi, in particolare il presidenzialismo. Colpisce che le sinistre abbiano avuto incertezze e inseguito suggestioni altrui, forse senza rendersi pienamente conto delle conseguenze che ne sarebbero derivate. Oggi siamo ad un punto delicato, continuando a perseguire modifiche della Costituzione la si potrebbe indebolire in modo irreversibile, fino a cambiarne la sostanza di democrazia avanzata anche socialmente. Questo non vuol dire che non siano possibili modifiche in assoluto, ma dovrebbero essere meditate e coerenti con l’essenza del dettato costituzionale, respingendo forzature e derive. Del resto negli ultimi due decenni sono state fatte modifiche che non possono essere valutate positivamente, dal titolo V alla modifica dell’articolo 81.

A questo si collega la questione della legge elettorale, la cui natura è lasciata largamente dalla Costituzione alle decisioni del Parlamento e tuttavia deve rispettarne i princìpi. Da un paio di decenni le leggi elettorali non hanno rispettato i princìpi della Costituzione e sono state via via messe in mora dalla Corte Costituzionale per iniziativa di ricorsi dei cittadini. Anche il Rosatellum approvato nel 2017 ha queste caratteristiche, a partire dalla macroscopica forzatura che obbliga i cittadini a votare in modo congiunto sia per il collegio uninominale che per la circoscrizione proporzionale.  L’elettore/trice ha il diritto di votare come vuole ed è una forzatura presumere che un solo voto possa forzatamente esprimere la sua volontà sia per il collegio che per la circoscrizione, che per di più prevede liste bloccate di candidati. In pratica, chi vota per il collegio uninominale automaticamente vota anche per la lista bloccata della circoscrizione. Inoltre, il Rosatellum nel 2019 è stato modificato in previsione del taglio dei parlamentari dandogli una torsione ancora più maggioritaria e per certi versi erratica. Maggioritaria perché al Senato, secondo i calcoli di Felice Besostri, sono ben 16 i seggi spostati sul maggioritario. Erratica perché ci sono regioni che a parità di abitanti hanno fino al doppio dei seggi in Parlamento di altre e visto che il numero è stato tagliato la differenza è consistente. A giudizio dei principali commentatori questa legge elettorale favorisce le destre, che pure oggi sono divise al punto che alcune sono al governo altre all’opposizione, ma sono prontissime a mettersi insieme per conquistare il potere, sperando nel colpaccio di avere i numeri per modificare da sole la Costituzione.

Questo è il primo punto su cui va richiamata l’attenzione di tutti: va evitata qualunque legge elettorale che metta le modifiche della Costituzione nelle mani di una maggioranza parlamentare, per di più raggiunta con meccanismi maggioritari e quindi senza una corrispondente maggioranza dei consensi. È una questione di fondo: nessuno deve potere cambiare la Costituzione da solo, chi ci ha provato in passato ha sbagliato, chiunque sia.

Il secondo punto è che la maggioranza del Conte 2 si è svegliata sull’esigenza di approvare una nuova legge elettorale quando ormai era troppo tardi perché il governo è andato in crisi pochi giorni dopo. Lasciamo da parte, con fatica, le promesse fatte e non mantenute durante la campagna elettorale referendaria dalla maggioranza dell’epoca di approvare una nuova legge elettorale ad impianto proporzionale, finite nel ridicolo negli stessi giorni in cui il governo Conte 2 ha approvato il decreto attuativo della modifica del 2019. In altre parole, con la mano sinistra si attuava la legge da cambiare mentre con la mano destra si diceva di volerla cambiare, la confusione è stata massima.

Per questo l’Italia ha seriamente rischiato di votare con il Rosatellum modificato su input della Lega durante il governo giallo-verde. La nascita del governo Draghi ha per il momento allontanato il pericolo, ma la legge resta sempre la stessa e ora anche la maggioranza del nuovo governo è attraversata da polemiche, tensioni, scontri. Può essere che non ci sarà crisi, ma resta il fatto che se il governo dovesse andare in crisi perché Salvini tira troppo la corda si potrebbe arrivare a votare in anticipo prima o dopo il semestre bianco. Per questo il Parlamento dovrebbe trovare la forza di approvare al più presto una nuova legge elettorale. In ogni caso, è bene togliere di mezzo l’alibi che tanto una legge in vigore c’è, perché questa ha profili evidenti di incostituzionalità e i comitati di cittadini prenderanno l’iniziativa di sottoporli ai giudici (che la Corte ha recentemente confermato come procedura corretta), con l’obiettivo di arrivare alla Corte costituzionale per chiederne il giudizio. Se si riesce a ottenere una valutazione di incostituzionalità della legge in vigore prima del voto, si costringerà il Parlamento ad approvare una nuova legge elettorale. La nuova legge elettorale deve essere proporzionale, tanto più dopo la diminuzione di un terzo dei parlamentari, e consentire ai cittadini di scegliere direttamente chi eleggere nelle liste presentate dai partiti, senza alcuna forzatura nei meccanismi, lasciandoli liberi di scegliere come primo passo per ricostituire un rapporto di fiducia tra eletti ed elettori.

Basta con la vergogna dei cooptati dall’alto, con scelte decise dai capi senza alcuna possibilità di condizionamento, sono tanti i casi che confermano che è giunto il momento di sanare questa ferita della democrazia, per consentire di aprire una nuova fase di riavvicinamento degli eletti ai propri elettori, per ridare al Parlamento la necessaria centralità, altrimenti la deriva neopresidenzialista e populista verso un personalismo sempre più spinto diventerà inarrestabile.

È ancora possibile evitare una deriva senza ritorno, ma occorre una scelta coraggiosa dei partiti e del parlamento, chiediamola con tutta la forza che abbiamo, cerchiamo di farci ascoltare.