La Democrazia ha bisogno di alcune condizioni per funzionare, a partire dal rapporto tra elettore ed eletto

di Alfiero Grandi

 

Il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale ha deciso di rilanciare l’iniziativa per arrivare ad una nuova legge elettorale che sostituisca il “rosatellum”, attualmente in vigore nella versione voluta dalla Lega e purtroppo votata anche dal Movimento 5 Stelle nel maggio 2019, durante il governo Conte 1. Non è la prima volta che lanciamo l’allarme. Purtroppo il parlamento, o almeno la parte che avrebbe dovuto ascoltare, finora non ha fatto nulla. Durante il governo Conte 2 fu presentato il disegno di legge Brescia ad impianto proporzionale ma con una soglia di sbarramento eccessiva, al 5%, e senza risolvere il decisivo problema di chi elegge realmente i parlamentari.

Oggi i parlamentari sono di fatto nominati dai capi partito, come dimostra Italia Viva partito che non è in parlamento per i voti presi ma perché Renzi gestì le liste a suo piacimento, decidendo chi doveva entrare in parlamento e di conseguenza quando ha deciso di uscire dal Pd è stato seguito dai fedelissimi che gli dovevano l’elezione. I parlamentari dovrebbero invece rappresentare chi li vota, cioè gli elettori, che però oggi non possono scegliere in una lista di chi fidarsi e quindi non hanno alcuna influenza sull’esito finale della scelta dei parlamentari. Il catenaccio, incostituzionale, di un voto unico obbligatorio previsto dal rosatellum per il collegio uninominale e per la circoscrizione impedisce ai cittadini di scegliere coloro di cui si fidano. Una legge elettorale come il rosatellum ha tra i suoi difetti quello grave di limitare la possibilità dei cittadini di scegliere i loro rappresentanti che quindi non sentono alcun bisogno di rendere conto del loro operato a loro e per certi versi anche volendo non saprebbero come fare visto che nella maggioranza delle situazioni non c’è un legame tra eletto ed elettore.

La democrazia ha bisogno di alcune condizioni per funzionare. Se viene interrotto il rapporto diretto tra elettore ed eletto il rapporto di fiducia si rompe con conseguenze evidenti.

Naturalmente ci sono altri aspetti decisivi come il ruolo e il funzionamento dei partiti, ormai ridotti a comitati elettorali, senza una vera vita democratica, a cui si è cercato di rispondere con altre modalità che hanno, se possibile, peggiorato la situazione come le primarie aperte a tutti i cittadini. Una contraddizione in termini perché il leader e il gruppo dirigente di un partito dovrebbero essere scelti dai suoi componenti, mentre affidarne l’elezione ad un indistinto ed occasionale corpo elettorale si presta a molteplici contraddizioni, ma non riesce a risolvere la questione della stabilità e della fiducia nelle scelte, come dimostrano le dimissioni di Zingaretti. È giunto il momento di approvare normative che affrontino il problema delle regole che la vita di un partito deve rispettare. A partire dai diritti dell’iscritto a non trovarsi di fronte a fatti compiuti nella scelta delle candidature e ancora di più nelle scelte di orientamento politico. Senza partiti funzionanti e democratici la vita politica è monca e oggi la situazione non è soddisfacente. I partiti sono un punto fermo nella Costituzione.

Inoltre la Costituzione prevede esplicitamente un ruolo dei cittadini associati ed organizzati, sia nelle forme più note come i sindacati, le associazioni di impresa e quelle diverse o più recenti ma importanti come il volontariato. Varie forme di partecipazione dal basso per affrontare problemi grandi e piccoli, nel territorio, nella cultura. Anche il nostro Coordinamento rappresenta una delle molteplici forme in cui si manifesta la partecipazione attiva dei cittadini, anche quando non ha propri obiettivi elettorali. La Costituzione offre anche possibilità come le leggi di iniziativa popolare, i referendum per ora solo abrogativi. Tuttavia queste possibilità sono difficilmente percorribili. Anche se riesci a raccogliere le firme per una legge di iniziativa popolare poi questa viene chiusa in un cassetto del Senato o della Camera e là resta. Anche i referendum abrogativi sono stati compressi da una procedura prevista dalla legge vigente di raccolta delle firme che ne scoraggia l’utilizzo ed eleva i costi a livelli difficilmente raggiungibili. Partiti e forme di partecipazione democratica meritano interventi legislativi che possono costituire un altro importante strumento di rivitalizzazione del funzionamento della democrazia.

La democrazia è un meccanismo delicato, per certi aspetti fragile e per difenderlo occorre continuamente effettuare una manutenzione non solo legislativa per favorirla.

Perché il Coordinamento ha deciso di avviare ora una nuova campagna? Non c’è tempo da perdere. Basta ricordare che a gennaio per l’incapacità della maggioranza del Conte 2 di approvare una nuova legge elettorale ci siamo trovati di fronte all’approvazione di un decreto che ha reso il nuovo rosatellum pienamente applicabile proprio per mano di chi avrebbe dovuto cancellarlo con una nuova legge elettorale. Di più l’Italia ha corso seriamente il rischio di votare di nuovo anticipatamente con una legge elettorale anticostituzionale e sbagliata, che inoltre avrebbe regalato alla destra un meccanismo elettorale che la favorisce. L’altolà di Mattarella sulla possibilità di votare in piena emergenza Covid 19 ha tolto, per ora, le castagne dal fuoco anche per il sistema elettorale. In altre parole per incapacità ed incoerenza abbiamo rischiato di votare con una legge sbagliata.

Un errore come questo non si deve ripetere.

Eppure dopo la formazione del governo Draghi, che per ora si è tenuto lontano dall’argomento, i partiti che avevano tutto l’interesse a riprendere il filo della legge elettorale sono entrati in una fase di fibrillazione, di incertezza e peggio ancora. Il Coordinamento si è assunto la responsabilità di lanciare un avviso accorato a riprendere l’iniziativa per una nuova legge elettorale, che per noi – in estrema sintesi – deve essere proporzionale, salvo lo sbarramento implicito del numero dei parlamentari da eleggere, e riconsegnare la scelta di chi eleggere agli elettori, togliendola ai capi partito. Dopo la lettera ai parlamentari la nostra iniziativa continuerà cercando di coinvolgere rappresentanti politici in un confronto, sollecitando il contributo di esperti e costituzionalisti che si sono espressi nei mesi precedenti.

I settori politici che hanno interesse a tenersi la legge elettorale attuale partono in vantaggio, non debbono fare alcunché. I settori politici che hanno interesse e volontà di cambiarla debbono muoversi in fretta per risalire la china. Il Pd potrebbe essere presto oltre la crisi delle dimissioni di Zingaretti, che ha avuto posizioni contraddittorie tra proporzionale e maggioritario e ha rilanciato il monocameralismo dopo il referendum sul taglio del parlamento. Enrico Letta avrà una fase nella quale potrà decidere cosa fare, se sarà per il meglio oppure no lo vedremo se e quando si pronuncerà nel merito. Anche gli altri partiti della sinistra in parlamento debbono parlare chiaro, visto che non hanno sollevato con forza visibile critiche alla soglia di sbarramento e alla nomina dall’alto dei parlamentari, facendosi invischiare in un complicato percorso di ulteriori modifiche costituzionali prima di approvare la nuova legge. Così il Movimento 5 Stelle, dopo il danno del taglio dei parlamentari, dovrebbe porsi seriamente l’obiettivo di una legge elettorale che riduca il danno dopo il guasto di cui sono stati attori protagonisti.

Il Coordinamento non è interessato ad una discussione rivolta al passato, né a polemiche retrospettive, anche perché ha sempre detto nei tempi giusti cosa pensava. Oggi lancia un appello forte a trovare tutte le convergenze necessarie per evitare una ulteriore deriva della democrazia italiana che potrebbe portare ad una rottura della continuità dell’assetto costituzionale. La destra infatti, se dovesse vincere con la legge in vigore, avrebbe le condizioni per cambiare l’assetto costituzionale. Non è in gioco solo la legge elettorale ma quanto potrebbe accadere alla democrazia in Italia se la legge elettorale non dovesse cambiare in tempo utile, prima delle prossime elezioni.

Dovevamo dirlo e lo abbiamo fatto, speriamo ora che ci sia ascolto e in ogni caso lavoreremo per farci ascoltare con tutti i mezzi costituzionali a disposizione, nessuno escluso.