CRISI E LAVORO: IL PD DEVE RIPARTIRE DA QUI

Tanti hanno partecipato alle primarie sperando di aiutare la ricostruzione di una posizione di sinistra, diroccata da Renzi, che ora tenta di ipotecare la vittoria di Zingaretti.

Anche le manifestazioni sindacale e antirazzista di Milano sono state partecipate e importanti.

Novità incoraggianti ma insufficienti. Ora la discontinuità del Pd con il passato deve essere netta. La maggioranza giallo-verde finora non ha dovuto fare i conti con una reale alternativa politica. F.I. e F.dI. sono subalterni alla Lega, il loro obiettivo è riallacciare con Salvini.

A sinistra un’opposizione confusa e divisa ha attaccato il governo con argomenti contraddittori e senza il coraggio di fare i conti con la sconfitta elettorale. Emblematico il reddito di cittadinanza. Alcune critiche al governo hanno rivendicato il REI introdotto da Gentiloni, chiedendo di potenziarlo invece di scegliere altre strade, mentre altre critiche hanno ritenuto un errore spendere risorse per alleviare le sofferenze della povertà, raddoppiata in dieci anni, dimenticando che anche gli 80 euro erano destinati ai lavoratori a basso reddito, quindi erano un intervento sulla domanda.

Interventi per aiutare i redditi che non bastano per una vita dignitosa sono giusti e necessari di fronte ad una crisi che dura da un decennio e non è finita.

Il reddito di cittadinanza proposto dal governo ha aspetti criticabili come la confusione tra interventi per l’occupazione e sostegno al reddito delle aree di povertà. L’opposizione di sinistra dovrebbe condividere l’obiettivo e lavorare per correggerne errori e storture, compreso avere ignorato le regioni e i sindacati.

Una battaglia si impone ma per correggere in meglio.

Il reddito di cittadinanza non crea occupazione e sono necessari altri interventi che questa maggioranza sembra incapace di fare. Tuttavia reddito di cittadinanza ed altri provvedimenti sono di segno diverso da quelli di Salvini sui migranti e sulla sicurezza.

Zingaretti deve puntare ora a costruire un’alternativa al governo giallo-verde, prima che sia troppo tardi. La precondizione è rompere con la logica renziana del “mai con i 5 Stelle” sconfitta dalle primarie e prima ancora dal referendum costituzionale.

Per di più sulla Costituzione c’è la tentazione nel governo di riscriverne aspetti centrali con troppa faciloneria.

La destra non ha i voti in parlamento, mentre una qualche convergenza tra Pd, sinistra e M5 Stelle potrebbe essere un’alternativa. Un confronto tra Pd, sinistra e 5 Stelle non è semplice ma – ad esempio – la proposta del salario minimo è una novità a fronte della frantumazione e della svalutazione del lavoro. Questo governo non è in grado di governare l’Italia in crisi, per di più in continuità con Renzi ha ignorato le rappresentanze sociali, sindacati in testa.

Ridare ruolo alla rappresentanza sociale è un punto chiave del futuro politico di questo paese. Zingaretti deve assumerlo esplicitamente.

Se il governo arranca la difficoltà è politica. Se l’Italia non vuole perdere il contatto con il gruppo di testa dell’Europa deve mobilitare le energie politiche, intellettuali e sociali che possono aiutare a fare uscire il paese da una crisi pericolosa.

La risposta deve essere politica e deve valorizzare il contributo delle forze sociali e intellettuali fondamentali di cui l’Italia tuttora dispone.

Occorre costruire un progetto di futuro su cui far convergere governo e parti sociali. Il governo propone, le forze sociali fondamentali e l’intellettualità ne discutono e si tenta una sintesi condivisa, con impegni e verifiche precisi. Il punto di partenza deve essere la valorizzazione del lavoro, la sua quantità, la sua qualità, la sua crescita nella considerazione sociale, retribuzioni comprese.

Per un patto credibile occorre un governo affidabile e quello attuale non lo è, quindi il suo superamento è centrale, ora.

Alfiero Grandi