Al Senato è stato approvato in prima lettura il testo della legge che riduce il numero dei parlamentari, 400 alla Camera, 200 al Senato. Ora la proposta di legge passa alla Camera e come tutte le proposte che vogliono modificare la Costituzione dovrà essere approvata due volte, sia alla Camera che al Senato, a distanza di almeno 3 mesi, e se la proposta verrà approvata senza il voto favorevole di almeno i due terzi dei parlamentari sarà possibile chiedere che si svolga il referendum costituzionale, come è avvenuto il 4 dicembre 2016, quando la vittoria del No ha bocciato le deformazioni della Costituzione targate Renzi.

A poco più di due anni dalla vittoria del No nel referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 l’attuale maggioranza Lega-M5Stelle non ha saputo fare meglio che rilanciare le modifiche alla Costituzione. Cercando di non dare nell’occhio si è arrivati ad avere in campo queste modifiche:

Introduzione del referendum propositivo, il cui difetto di fondo – anche nell’ultima versione – è che anziché arricchire la democrazia rappresentativa con una nuova forma di partecipazione dei cittadini, tale da integrare l’attività del parlamento, continua a contrapporre cittadini e parlamento, con il serio rischio di creare cortocircuiti.

Riduzione drastica dei parlamentari, motivata solo con ragioni di risparmio. Va ricordata una pessima battuta di Berlusconi che parlava di far votare solo i capigruppo in parlamento, naturalmente nominati dal “capo”. Viene portata anche la motivazione che con meno parlamentari ci sarebbe una maggiore funzionalità del parlamento. Motivazione ridicola visto che continua, come e peggio di prima, con questa maggioranza l’uso a raffica dei decreti legge e dei voti di fiducia, per di più il parlamento è stato costretto a votare leggi come quella di bilancio a scatola chiusa, senza poterla neppure leggere, tanto meno modificare. Se si volesse fare una discussione seria sul parlamento si potrebbe partire da una vecchia proposta di Rodotà: mantenere solo la Camera dei deputati come è oggi e prevedere in Costituzione una legge elettorale proporzionale con la garanzia che siano i cittadini a scegliere i parlamentari, non i capi partito. Del resto se il governo è riuscito ad imporre al parlamento un voto al buio sulla legge di bilancio è solo perchè i parlamentari rispondono del loro operato ai capipartito non agli elettori.

Attuazione di un regionalismo differenziato che interpreta estensivamente l’articolo 116 della Costituzione, incautamente modificato nel 2001. Nella versione attuativa estrema, anticipata dalla ministra Stefani, porterà ad una collisione con i principi fondamentali della prima parte della Costituzione e con le leggi sistematiche che ne derivano, ad esempio il SSN. Diritti fondamentali come istruzione, sanità, ecc. non avranno più lo stesso significato nelle diverse regioni d’Italia. La parte più debole resterà indietro, realizzando il vecchio traguardo leghista di riportare al nord i soldi, proprio nel momento in cui Salvini vorrebbe insediare la Lega nel Sud. Salvini parla di Lega nazionale ma in realtà è impegnato a realizzare gli egoismi del nord su cui è nata la Lega. Per di più queste decisioni di decentramento differenziato, concordato con le singole regioni, non saranno modificabili senza il consenso della regione interessata, quindi mai.

-Aleggia la proposta di imporre ai parlamentari l’obbligo del mandato imperativo nel voto.

Tutto questo con il sovrappiù di una pessima legge elettorale che ha iniziato il suo percorso al Senato subito dopo le modifiche della Costituzione e che ricalca la logica della legge in vigore, continuando a togliere ai cittadini il diritto di scegliere i rappresentanti, che continueranno ad essere nominati dall’alto, e che porterà in parlamento solo 3 o 4 partiti, tagliando le piccole formazioni e potrebbe capitare perfino a Forza Italia.

Il Ministro Fraccaro ha un bel dire che le modifiche della Costituzione sono singole e puntuali. La coincidenza dei tempi di discussione aiuta a comprendere che è solo propaganda, perchè sono tutte sotto i nostri occhi. Si cerca di sminuire il colpo all’assetto attuale della Costituzione con l’unico obiettivo di evitare i referendum costituzionali che metterebbero Lega e M5Stelle nella stessa situazione delle decisioni del governo Renzi, cioè di poter essere sottoposte al giudizio dei cittadini. Da Fraccaro era lecito aspettarsi l’impegno a garantire comunque il referendum costituzionale, esattamente il contrario di tentare di escluderlo visto che pesa ancora la modifica dell’articolo 81 votata nel 2011 con oltre i 2/3 e che finora non si è riusciti a cambiare. Articolo 81 che ha introdotto la modifica del vincolo del pareggio di bilancio.

Che senso ha introdurre da un lato il referendum propositivo e negare dall’altro quello costituzionale? La contraddizione è evidente.

Il Pd farebbe bene a riflettere. Si farà condizionare dal peso degli errori passati o troverà l’energia per uscire dai rancori, impegnandosi con forza per il voto contrario? Le forze minori debbono impegnarsi per una battaglia di principio. Non solo per non sparire dal parlamento ma soprattutto per garantire in futuro a nuovi soggetti politici la possibilità di entrare in parlamento. Esattamente come è accaduto per il M5S e la Lega quando erano poca cosa e ora sostengono l’eliminazione dei piccoli partiti. Un redivivo Montesquieu potrebbe cadere in deliquio di fronte alla sparizione della distinzione tra potere esecutivo (governo) e potere legislativo (parlamento) con la sostanziale dissoluzione di quest’ultimo perchè asservito al governo.

Se il parlamento diventerà sempre più un’appendice obbediente del governo qualcuno inizierà a pensare seriamente che si sono create le condizioni per calare l’asso del presidenzialismo. Questa prospettiva è indicata nel programma del centrodestra. Questa maggioranza dovrebbe pensare a come fare uscire l’Italia dalla nuova crisi e non basteranno le iniziative già prese, invece dedica la sua attenzione a cambiare l’assetto costituzionale. Il pericolo è evidente. Occorre resistere, resistere, resistere. Se non bastasse questo almeno occorre garantire la possibilità per i cittadini di esprimersi nel referendum prima dell’entrata in vigore di queste modifiche della Costituzione. Le energie per difendere la Costituzione e promuovere il referendum possono esserci.

Alfiero Grandi, vicepresidente del Coordinamento per la democrazia costituzionale