“Prima gli italiani” è il mantra di quest’estate rilanciato da leaders politici dei diversi schieramenti, che fanno a gara nell’esaltare i disagi prodotti dall’immigrazione additando gli stranieri come la causa dei malesseri che affliggono gli italiani. Curiosamente si tratta dello stesso mantra utilizzato negli anni trenta del secolo scorso da altri politici, i quali volevano convincere i tedeschi che la colpa dei loro mali fosse degli stranieri presenti in Germania (cioè gli ebrei). Giocare l’arma dei diritti sociali degli uni, contro i diritti civili e politici degli altri, è un esercizio fatale per la democrazia. La democrazia si nutre dell’intreccio inscindibile fra diritti sociali, civili e politici.

Spezzare questo nesso è come aprire il mitico vaso di Pandora. Per questo, se dobbiamo ragionare in termini di priorità, dobbiamo ribadire a voce alta che prima di tutto viene la democrazia, il bene più prezioso degli italiani, bene capace di rendere ricco (di diritti) anche il più povero degli italiani. E’ un bene esposto ai venti ed alle tempeste della storia che da molto tempo si abbattono sugli ordinamenti democratici, nati dalla seconda guerra mondiale, per renderli più malleabili alle logiche di potere dominanti sulla scena internazionale.

Ci sono centri di potere finanziari e politici che chiedono da anni di cambiare le Costituzioni dei paesi del sud Europa e dell’Italia in particolare, perché troppo influenzate dai diritti sociali. I documenti sono noti. Banche di affari, centri di decisione finanziaria ed economica, multinazionali ritengono essere la partecipazione democratica, forse la stessa democrazia, una perdita di tempo e premono affinché le decisioni che a loro interessano siano adottate con le stesse modalità delle aziende, che vogliono avere sempre più le mani libere.

Con il referendum del 4 dicembre, gli italiani hanno sconfitto un disegno di riforma costituzionale accentratore ed autoritario ed hanno riconfermato la loro fiducia nel modello di democrazia partecipativo prefigurato dai costituenti, fondato sulla centralità del Parlamento. Tuttavia, noi sappiamo che la democrazia italiana non gode di buona salute, sappiamo che la fiducia dei cittadini nelle istituzioni rappresentative si è ridotta ai minimi termini e che il Parlamento, grazie alle leggi elettorali degli ultimi anni, non rappresenta, non conosce e non interpreta più i bisogni e le domande del popolo italiano poiché la nomina dei parlamentari è nelle mani di pochi individui. Una ristrettissima oligarchia politica che risponde a poteri ignoti.

Per questo la prima emergenza, il primo bisogno politico del popolo italiano è quello di ripristinare i meccanismi di funzionamento della democrazia. Al primo posto c’è la riforma della legge elettorale. Dobbiamo pretendere che questo Parlamento, anche se composto di nominati, restituisca lo scettro al popolo sovrano, permettendo agli elettori di diventare di nuovo protagonisti del voto e di scegliersi liberamente i propri rappresentanti, attraverso una competizione genuina, che non sia falsata da trucchi a favore o a disfavore di questa o quella forza politica. Il 6 settembre la Camera riprenderà l’esame della legge elettorale.

Occorre un’iniziativa forte per impedire che vengano usati nuovi pretesti per fare saltare tutto e per evitare che torni dalla finestra quello che il referendum ha bocciato. Il Coordinamento per la democrazia costituzionale (erede del Comitato per il no al referendum) il 2 ottobre, alla Camera, ha convocato un’assemblea nazionale per lanciare una campagna di informazione e di mobilitazione, per impedire che decisioni così importanti per il funzionamento della democrazia italiana rimangano sequestrate in ristretti conciliaboli ed ancora una volta vengano assunte alla spalle del popolo italiano.

di Domenico Gallo edito del Quotidiano del Sud