Articolo di Domenico Gallo
Il risultato straordinario del referendum del 4 dicembre segna una svolta nella storia del nostro Paese. Dopo trent’anni di attacco alle regole della democrazia costituzionale da parte dei vertici del ceto politico, a cominciare dal famigerato messaggio che Cossiga inviò alle Camere il 26 giugno del 1991, dopo innumerevoli riforme che hanno sfigurato il modello di democrazia prefigurato dai Costituenti, dopo l’avvento di leggi elettorali che hanno allontanato sempre di più i cittadini dal Palazzo, dopo il fallimento nel 2006 del tentativo del governo Berlusconi di cambiare la forma di Governo e la forma di Stato, dopo una martellante campagna mediatica sviluppata senza risparmio di mezzi, il responso del popolo italiano è stato netto e definitivo: la Costituzione non si tocca. Il popolo italiano si è espresso e ha riaffermato il principio primo sul quale si fonda l’ordinamento democratico: la sovranità appartiene al popolo. Si è trattato di una scelta altrettanto impegnativa quanto lo fu la scelta compiuta dal popolo italiano il 2 giugno del 1946 con il referendum istituzionale: Repubblica o Monarchia? Ora come allora si è trattato di decidere quale modello di istituzioni, quale modello di democrazia deve assumere il nostro Paese. Nel 1946 dire addio alla Monarchia per la Repubblica acquistava – al di là delle contingenze politiche – un significato storico ben preciso: i cittadini italiani si emancipavano dalla qualità di sudditi ed il popolo diventava esso stesso “sovrano”, arbitro del proprio destino. Nel 2016 il popolo, riconfermando la validità del modello di democrazia promesso dalla Costituzione, ha impedito la trasformazione – già in atto – della Repubblica in una sorta di principato, sottoposto al protettorato dei poteri finanziari internazionali che avevano dettato la riforma al governo Renzi, manifestando la loro avversione per le Costituzioni antifasciste del dopoguerra. Non si è trattato di un atto di resistenza allo sconquasso della Costituzione, ma di un atto fondativo. Attraverso questo voto la Costituzione è risorta. Questo voto sconfessa trent’anni di politica volta a restringere la democrazia rappresentativa nel nostro Paese e a creare esecutivi “forti” nei confronti dei cittadini e “deboli” nei confronti dei “mercati”. Lancia una sfida a riscoprire ed illuminare di nuovo la Costituzione come mai fatto finora. Non v’è dubbio che nell’esito del voto ha pesato il disagio sociale, la sofferenza dei disoccupati, dei precari, la difficoltà di intravedere un futuro per i giovani, ma proprio per questo ha un grande significato la scelta di riconfermare il valore della Costituzione. Vuol dire che il popolo italiano non ha perso la speranza che la giustizia sociale, la dignità del lavoro, la tutela della salute e dell’ambiente possano trovare inveramento, anzi questo voto, proprio per il suo contenuto anche di protesta, esige che beni pubblici repubblicani promessi dalla Costituzione risorgano a nuova vita.