Alle tifoserie preferiamo il ragionamento.

In questa nota, redatta dal Movimento Nonviolento, ci soffermiamo su alcune idee che afferiscono ai contenuti, alle modalità, alla legittimità delle modifiche proposte dalla riforma costituzionale.

Siamo per la democrazia aperta, contro la riduzione della rappresentanza democratica

Il Movimento Nonviolento ha l’orizzonte della capitiniana omnicrazia (il potere di tutti) tra i suoi valori fondanti: per questo riteniamo che la governabilità sia importante, ma ancor più importanti siano la rappresentanza e la partecipazione. Non abbiamo il culto assoluto della rappresentanza parlamentare, perché nella nostra esperienza abbiamo verificato che molta della migliore politica si svolge nei movimenti che crescono dal basso e che i cambiamenti reali avvengano all’esterno delle aule istituzionali. Ma, proprio per questo, noi siamo per l’apertura delle sedi parlamentari, non per una loro ulteriore chiusura. La cosidetta “riforma costituzionale” ha, invece, tra i suoi obiettivi la sottrazione di una camera parlamentare, il Senato della Repubblica, alla libera elezione dei cittadini, consegnandola a rappresentanti nominati dai consigli regionali, che già rivestono un ruolo di rappresentanza politica (consiglieri regionali e sindaci). E’ l’introduzione – anziché di un elemento di democrazia diretta, come noi auspichiamo – di una superfetazione di un ceto politico, che non risponde più direttamente ai cittadini elettori. Inoltre la diminuzione del numero di eletti direttamente dal popolo (presentata come necessità di diminuire i costi della politica) di fatto toglie rappresentanza e quindi potere agli elettori, scavando un ulteriore solco tra corpo elettorale e istituzioni democratiche.

La democrazia, come la libertà e la giustizia, essendo valori preziosi, hanno giustamente dei costi che vanno giustificati e sostenuti per il bene di tutti. La politica a “basso costo” rischia anche di diventare una politica di “bassa qualità”.

La contemporanea sottrazione al Senato di alcuni compiti costituzionali, determina inoltre – tra le molte conseguenze messe in evidenza – la possibilità di “dichiarare guerra” alla sola Camera dei deputati che – eletta con il sistema maggioritario con premio di maggioranza – consegnerebbe questa pesante e grave possibilità alla decisione di una minoranza politica.

Una minoranza politica non può modificare il patto repubblicano che riguarda tutti

Il Movimento Nonviolento – riformatore per definizione, fin dalla sua Carta programmatica – non ritiene immutabile la Costituzione della Repubblica italiana, perché è convinto che diversi aspetti possano essere migliorati, in un’ottica di maggiore apertura federalista, disarmista, ecologista e nonviolenta. Prima di modificarla, però, andrebbe pienamente applicata e attuata, pensiamo in particolare agli articoli 11 e 52, il ripudio della guerra e degli strumenti che la rendono possibile e l’istituzione di una Difesa che contempli anche forme civili, non armate e nonviolente.

La Costituzione vigente è stata scritta da un’Assemblea costituente eletta con metodo rigorosamente proporzionale, in modo che tutte le componeneti politiche – espresione della società civile – potessero essere rappresentate. La cosiddetta “riforma costituzionale” oggetto del referendum è stata realizzata invece da un Parlamento eletto con il più antidemocratico e discriminatorio dei sistemi elettorali che la storia della Repubblica ricordi, dichiarato incostituzionale dalla stessa Corte costituzionale.

Come se non bastasse, la riforma è stata fortissimamente voluta dal governo in carica contro tutte le opposizioni – parlamentari e non – contravvenendo anche al principio della separazione dei poteri, così enunciato dal padre costituente Piero Calamandrei, fin dal 1947: “Quando l’Assemblea discuterà pubblicamente la nuova Costituzione, i banchi del governo dovranno essere vuoti; estraneo del pari deve rimanere il governo alla formulazione del progetto, se si vuole che questo scaturisca interamente dalla libera determinazione dell’Assemblea sovrana “.

I cosidetti “riformatori” della Costituzione non hanno legittimità, nè politica nè morale

La democrazia è una cosa seria, e dunque riteniamo che un Parlamento eletto con una legge elettorale incostituzionale – perché antidemocratica – avrebbe dovuto trovare velocemente un accordo su una nuova legge elettorale rispettosa delle indicazioni offerte dalla Corte costituzionale, con la quale andare, il più presto possibile, a nuove elezioni: è un principio basilare di democrazia. Un Parlamento azzoppato, costituito prevalentemente da nominati, non può fare la più importante “riforma costituzionale” della storia della Repubblica italiana: è un principio di legittimità.

Accanto a questa evidente illegittimità politica esiste un altrettanto importante problema di illegittimità morale. La maggioranza parlamentare che ha prodotto la cosiddetta “riforma costituzionale” è la stessa che ha approvato in questi anni il continuo aumento delle spese militari italiane – giunte all’incredibile cifra di 80 milioni al giorno – in spregio ai “Principi fondamentali” della stessa Costituzione che vuole riformare: la pace, la giustizia, l’equità. Il governo che promuove la riforma è lo stesso che agevola il commercio di armi italiane con paesi belligeranti, come l’Arabia Saudita, in palese violazione della legge 185/90, come denunciato, anche alla magistratura, dal Movimento Nonviolento; ed è lo stesso governo che, in obbedienza alla politica aggressiva della Nato e senza dibattito parlamentare, ha deciso di inviare soldati italiani in Lettonia. Come si può affidare a questo Governo e a questo Parlamento la riforma della Costituzione italiana?

La voglia di “cambiamento” sostenuta dai fautori della riforma è in astratto condivisibile, ma con le proposte concrete sottoposte a referendum il rischio di cambiare in peggio ci appare forte e irreversibile. Noi continuiamo a coltivare il dubbio, ma il Referendum è così, o bianco o nero, le sfumature di grigio non sono contemplate nella scelta finale. Le riflessioni ampie, articolate e complesse (che sono l’aria necessaria al respiro della politica) alla fine devono avere una risposta secca, che ognuno troverà in coscienza.

Sono queste le ragioni – di contenuto, di metodo, di legittimità – che il Movimento Nonviolento offre al dibattito in corso sul referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre.

Movimento Nonviolento