Di Domenico Gallo

Commissione di inchiesta sull’Uranio impoverito, guidata dal deputato Pd Gian Piero Scanu: «rischi di esposizione ad agenti chimici e cancerogeni» nelle attività svolte, «rischi fisici, biologici, nonché a condizioni di stress», in caserma. Acuiti nei teatri operativi all’estero per «l’inammissibile ritardo con cui vengono effettuati i monitoraggi ambientali» e «persino per la scarsa conoscenza dell’uso di armamenti pericolosi». La relazione accende un faro sulle condizioni di pericolo di vita in cui si trova il personale militare, ma anche i civili che vivono in aree circostanti ad alcuni poligoni, come Capo Teulada, mai bonificato. E persino sulla sottovalutazione dei numeri delle morti causate. Una condizione, denunciano i parlamentari, che dopo tre commissioni di inchiesta risulta addirittura «peggiorata», perché «l’universo della sicurezza militare non è governato da norme adeguate». L’Osservatorio sulle vittime dell’uranio impoverito, avviato dall’ex pilota militare Domenico Leggiero, è arrivato a contare 344 morti. L’ultimo il 25 giugno: Antonio Appianese, il militare, reduce da una missione in Afghanistan, che in commissione aveva denunciato di aver ricevuto minacce dopo aver sollevato il caso. Ma un calcolo ufficiale non esiste. La Difesa fornisce solo i dati sulle richieste di indennizzo per patologie. Da Uranio, all’anno scorso, ne risultavano 549 (accolte 242); da Amianto 612 (accolte 288); da Radon 64 (accolte 17); Multifattoriali 841 (accolte 139). Comprendo l’inquietudine dell’opinione pubblica e l’allarme delle famiglie che hanno dei giovani impegnati o che sono stati impegnati nelle missioni in Bosnia, in Kosovo o in Afganistan; condivido la disperazione e lo sgomento di coloro che hanno perso un figlio o un fratello o un marito, aggredito da un male incurabile ed oltraggioso, o che vivono nell’ansia di perderlo, però dobbiamo capire che queste tragedie non sono frutto del fato cinico e baro, ma chiamano in causa la responsabilità della politica. I rischi per il ricorso all’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito da parte delle forze armate della NATO erano conosciuti ed erano stati denunciati da oltre un ventennio. Nella mia veste di Senatore, membro della Commissione Difesa nella XII legislatura, io avevo sollevato il problema dei rischi dell’uranio impoverito, con una interrogazione al Ministro della Difesa, presentata il 26 aprile 1995, in cui avevo persino fatto i nomi di due militari americani vittime di contaminazione da uranio impoverito ed avevo richiamato la dichiarazione del generale francese Pierre Marie Gallois (che non è un pacifista, essendo stato comandante in capo della Force de Frappe), che aveva definito l’uso dell’uranio impoverito: “una mostruosa imbecillità militare”. Nell’interrogazione chiedevo cosa intendesse fare il Governo italiano per evitare che, attraverso l’uso dell’uranio impoverito, si superasse un’altra soglia, rendendo lecito un nuovo tipo di guerra chimico-nucleare. E’ inutile dire che quell’interrogazione non ha ricevuto mai una risposta. Dopo sono venute le commissioni parlamentari d’inchiesta ed è cominciato il triste calcolo dei morti.
 pubblicato il 21/07/2017 su il “Quotidiano del Sud”.