Articolo di Antonio Pileggi

Premessa

Conoscere per votare è il titolo di queste riflessioni. Un titolo che vuole parafrasare l’insegnamento di Einaudi a proposito del:“conoscere per deliberare”.

Quattro aspetti sono da tenere presente per una doverosa informazione che renda edotti i cittadini italiani sui seri e fondati  motivi per votare No alla proposta governativa di riformare la costituzione.

1) Necessità di una informazione completa, testo alla mano, sui contenuti specifici della riforma che, per come hanno dimostrato autorevolissimi costituzionalisti in numerosi documenti e appelli,  non è un cambiamento per migliorare, ma per peggiorare in modo pericoloso l’ordinamento costituzionale;

2) Necessità  di informare i cittadini sull’intreccio tra riforma costituzionale e legge elettorale. Infatti entrambe le leggi sono state preordinate per trasformare i cittadini in sudditi di un ordinamento senza validi contropoteri, un ordinamento che sostanzialmente finirebbe per essere posto sotto l’egemonia di un uomo solo al comando;

3) Necessità di sottolineare il fatto che qualsiasi normativa, specialmente quella avente valore costituzionale, va valutata sia nei dettagli che nei significati dell’insieme del corpo normativo, atteso che ci sono effetti innumerevoli in conseguenza di un previsto cambiamento di oltre 40 articoli sui 139 che compongono la nostra Carta;

4) Necessità di evitare di personalizzare l’opposizione alla condotta del Capo del Governo per non mischiare gli aspetti del renzismo e dell’anti renzismo con i contenuti effettivi delle riforme le quali pregiudicano di per se stesse l’ordinamento democratico del nostro Paese, a prescindere dalle considerazioni riguardanti l’attuale inquilino di Palazzo Chigi.

Quest’ultimo aspetto, ispirato al rispetto dovuto alle istituzioni e alle differenti opinioni dei cittadini, sta dimostrando una sorprendente sopraffazione in danno delle ragioni del no alla riforma. Ciò accade a causa del ruolo che stanno svolgendo i vertici governativi a favore di essi medesimi. Infatti il Governo non sta svolgendo un ruolo istituzionale nell’interesse di tutti i cittadini, ruolo che è un atto dovuto per assicurare un sereno confronto tra i contrari e i favorevoli alle riforme. Tutti stiamo toccando con mano che c’è un impari scontro tra il gigante Golia e Davide. Golia è, ovviamente, il gigantesco apparato governativo mobilitato e impiegato per perpetuare, attraverso la riforma costituzionale e la legge elettorale, il renzismo e la sua idea dell’appropriazione dei palazzi del potere nel cui interno dovrebbe regnare il metodo del  “comando” senza contropoteri. L’appropriazione della RAI in senso monopolistico da parte del Governo, è la prova visibile e incontrovertibile della natura e del contenuto delle idee-guida e degli scopi del renzismo, che sono una visione politico-programmatica tutta concentrata sulla conquista e sull’uso proprietario del pubblico potere. La chiave di lettura delle riforme, quindi, diventa inevitabilmente l’esame del perché e del  percome si vorrebbe cambiare, in senso peggiorativo, una consistente e significativa parte della Costituzione.

Le date da ricordare e i due appuntamenti dell’autunno 2016

Il renzismo ha raggiunto il risultato che si era posto, cioè l’occupazione del palazzo del Potere Esecutivo, nel Febbraio del 2014, dopo due mesi dalla Sentenza N. 1 del 13 Gennaio 2014  con la quale la Corte Costituzionale ha accertato e dichiarato che la legge elettorale denominata porcellum è incostituzionale.

Le date e le modalità con le quali ha conquistato Palazzo Chigi e le date in cui è partito il disegno di stravolgere la Costituzione sono fatti che non hanno bisogno di commenti: parlano da sole.

Con la sua azione di Governo il renzismo, senza alcun mandato popolare, si è impegnato in modo sconcertante per farsi una legge elettorale e una costituzione di comodo. Queste leggi hanno il prevalente scopo, dichiarato, di perpetuare il renzismo. Sono state fatte votare con atti di imperio, richiesta di fiducia, canguri e ricatti politici vari ad un Parlamento delegittimato politicamente in quanto eletto con una legge elettorale incostituzionale. La maggioranza governativa si è allargata via via raggiungendo un record di voltagabbana accorsi in aiuto del Governo.

Dall’estate del 2016 siamo sotto il  bombardamento di una indescrivibile  propaganda governativa a favore del “sì” nel prossimo referendum in cui necessita votare SÌ o NO ad una riforma che, di fatto, punta a dare legittimazione politica a scelte fatte da novelli costituenti sulla cui credibilità politica c’è molto, ma molto da discutere.

Ci sono due appuntamenti importanti nel prossimo autunno.

Uno in cui il popolo potrà riprendersi la sovranità nel referendum in cui la posta in gioco è il tentativo del Governo di farsi approvare una costituzione di comodo.

L’altro concerne il giudizio che si svolgerà il prossimo 4 ottobre 2016 innanzi alla Corte Costituzionale perché i sostenitori del NO hanno eccepito presso molti Tribunali, vizi di costituzionalità nella legge elettorale denominata “italicum” e imposta dal renzismo con la richiesta di fiducia.

La propaganda governativa, le televisioni e molti giornalisti non si soffermano su questo dettaglio, che non è di poco conto. Sta di fatto che molti cittadini italiani sono stati indotti a credere che questa udienza innanzi alla Corte faccia parte di una normale procedura. Non si mette in giusto risalto che questo giudizio è subito dal Governo. Ciò comporta, a prescindere dalle decisioni che dovesse adottare la Corte, una grave disinformazione in danno dei diritti all’informazione.

Il potere costituito che diventa potere costituente

È noto il “potere di attrazione” della funzione governativa. Non è caso di soffermarsi sulla fenomenologia del “fascino” e della capacità di persuasione di chi abbia in mano le leve del potere.

Costituzionalisti, politici e intellettuali di varie scuole di pensiero, hanno sostenuto e sostengono che ci sono pericoli per la democrazia qualora il Governo non faccia un passo indietro nelle occasioni in cui si debba legiferare in materia costituzionale. Del resto non è immaginabile che ogni governo si faccia una sua costituzione di comodo. Ecco perché si usa dire che non spetta al potere costituito trasformarsi in potere costituente.

Calamandrei disse chiaramente che quando in Parlamento si discute di Costituzione i banchi del Governo devono essere vuoti.

Tutti noi abbiamo visto, invece, che la votazione della riforma costituzionale, che porta il nome Renzi-Boschi, è stata approvata con i banchi del Governo pieni di ministri e con i banchi dell’opposizione vuoti in segno di protesta per l’invadenza governativa. Una invadenza avvenuta non solo nella fase finale del voto, ma manifestatasi con atti di imperio governativi di varia natura durante tutto il processo di formazione della volontà facente capo alla funzione legislativa. Addirittura il Governo ha preteso di rimuovere dalle Commissione Affari Costituzionali parlamentari che, invocando la libertà di coscienza, non erano d’accordo con i diktat governativi. Questa invadenza, che è stata consegnata alla storia, non la si può cancellare dalla memoria degli italiani, nemmeno dopo gli esiti del prossimo referendum costituzionale.

I pericoli che si intravedono nel ruolo invasivo del Governo in materia costituzionale non sono astratti principi enunciati dai costituzionalisti. Li abbiamo toccati con mano quando abbiamo visto e sentito le aggressioni verbali consumate dai vertici governativi contro i costituzionalisti che criticavano le riforme. Non dobbiamo sottovalutare i termini spregiativi usati: “gufi”, “rosiconi”, “professoroni”. La tecnica denigratoria è comune a quella usata nei regimi totalitari: il fascismo usava denigrare il “culturame”. Quando voteremo un NO sonoro nel prossimo referendum sarà la volta buona, per noi cittadini, di dire grazie ai “professoroni” che non si sono lasciati né intimidire e né irretire dal “fascino del potere” e che hanno avuto il coraggio di descrivere per filo e per segno le mille ragioni per votare NO. E sia ben chiaro che il NO dei “professoroni” e il nostro NO, di cittadini, non è un NO a qualsiasi riforma, che è sempre possibile attuare in futuro come lo è stato in passato, ma un NO a questa specifica riforma per le modalità con cui è stata realizzata e per i suoi contenuti.

Qualche esempio di disinformazione

Necessita far sapere ai cittadini che il Senato non sarebbe soppresso, ma sostituito allo scopo  principale di nominarlo a cura dei soliti noti e, quindi, allo scopo di togliere ai cittadini il diritto di eleggere i senatori. Si vuole mettere mano al Senato per togliere diritti, non per aumentarli. La questione dei risparmi, se effettivamente stessero a cuore dei nuovi costituenti, sarebbe stata risolta o sopprimendo completamente il Senato oppure diminuendo del 50% il numero dei deputati e dei senatori. Autorevolissimi costituzionalisti non sono riusciti a mettersi d’accordo sul numero dei differenti procedimenti legislativi che darebbero origine le inspiegabili norme dell’art. 70. Chi parla di 7 procedimenti, chi di 10. In molti sono d’accordo nell’affermare che si passerebbe da un bicameralismo perfetto ad un bicameralismo confuso e produttivo di conflitti e paralisi legislativa.

Basta leggere il famigerato art. 70 per rendersi conto che i rottamatori hanno voluto sporcare la Costituzione vigente, che aveva ricevuto il premio letterario Strega per la sua chiarezza e per la facile comprensione del testo. È da ricordare, in proposito, che la Costituzione italiana è stata scritta, a suo tempo, con frasi di poche parole per renderle comprensibili a tutti i cittadini. Ciò per mettere il cittadino nella condizione di capire la Legge delle leggi senza il bisogno di chiedere spiegazioni ad esperti del diritto.

Spesso, come conseguenza della propaganda governativa, si sentono bugie, slogan e sorprendenti luoghi comuni.

Si può fare qualche esempio. È facile sentire dire che da 70 anni si aspetta di riformare la Costituzione, affermazione, questa, che il Presidente del Consiglio e il Ministro delle riforme hanno avuto modo di fare. Non è pensabile che i due alti esponenti del Governo ignorino che la Costituzione non ha ancora 70 anni di età perché è entrata in vigore il 1948. Ma è singolare che la medesima “bugia” sia stata diffusa al plurale, nel senso che sono stati in due a disseminarla. È da considerare, invece, che tra gli effetti della propaganda irresponsabile si verifica il tipico fenomeno così riassumibile: se butti in aria un pugno di farina non lo puoi più raccogliere.

L’immensa forza della propaganda a favore del “sì”

Pericolosa è la propaganda governativa quando il Governo da potere costituito si trasforma in potere costituente.

Non è un caso che il Governo si sia appropriato in termini monopolistici della RAI. Si possono addirittura quantificare le ore di TV messe a disposizione del governo per propagandare il “si” e lo scarsissimo spazio lasciato ai sostenitori del NO.

Non è un caso che di tutto si parla, meno del fatto che questa riforma è stata voluta, non dal popolo sovrano e non dai governati, ma dal Governo, un Governo che si regge sulla fiducia ottenuta da un Parlamento dichiarato eletto con una legge elettorale incostituzionale.

Non è un caso che il record dei voltagabbana accorsi a sostegno del Governo sia stato stabilito in questa diciassettesima legislatura.

Non è un caso che una delle parole-guida dei voltagabbana, il “cambiamento”,  sia uno degli argomenti forti del Governo Renzi, che insiste sull’importanza del cambiamento a prescindere dal valutare quando il cambiamento sia introdotto per migliorare o per peggiorare.

Non è un caso che nella propaganda governativa si dica che è meglio “cambiare” la Costituzione, anche se con qualche errore di scrittura, piuttosto che non cambiare niente.

Non è un caso che il Governo abbia messo in atto un’occupazione dei palazzi del potere, RAI compresa, con modalità senza precedenti.

Il tifo e gli “aiutini” stranieri per il Governo

Non è un caso che il Governo abbia reclutato un esperto americano della propaganda, Joe Messina, per sostenere il “sì” ad una costituzione di comodo. Questo reclutamento suscita perplessità e interrogativi di varia natura e consegna alla storia un altro capitolo sullo “spirito costituente” che caratterizza l’operato dei novelli padri e madri costituenti. I Padri costituenti reclutarono i più autorevoli linguisti (di lingua italiana)  per rendere chiaro e comprensibile a tutti i cittadini il testo non divisivo, ma unificante. Il Capo del Governo e Capo del suo partito (un’organizzazione di parte) ha ora reclutato un americano propagandista (di lingua inglese) per avere sostegno propagandistico  a favore di un testo costituzionale  incomprensibile, prevaricante e divisivo.

Non mancano aiuti dalla stampa estera al Governo con articoli che disegnano scenari apocalittici se non vincesse il “si” alla Costituzione Renzi-Boschi. La “narrazione” governativa sulla riforma e sulla finalità del progetto “renziano” convergono con questi ineffabili “aiutini”. E convergono anche nel non entrare, testo alla mano, sui contenuti della normativa. Sarebbe “curioso” chiedere a questi giornalisti se l’abbiano tradotto in lingua inglese e, quindi, letto e capito l’art. 70, che è di diffide comprensione anche per gli esperti del diritto costituzionale italiano. Ma stiano sereni gli aiutanti del Governo. Siamo in molti a voler conoscere per deliberare, quindi conoscere per votare. Votare in modo consapevole e responsabile, anche nei confronti dei nostri figli e dei nostri nipoti, significa approfondire il testo che dovremo lasciare in eredità alle future generazioni.

Le parole chiave del renzismo

Come cittadino italiano, mi duole, sinceramente, di dover mettere a fuoco i sorprendenti (per usare un eufemismo) comportamenti dei vertici governativi. Infatti mi ritrovo in sintonia con la scuola di pensiero riferibile al filosofo svizzero Amiel: «L’esperienza di ogni uomo ricomincia daccapo. Soltanto le istituzioni diventano più sagge: esse accumulano l’esperienza collettiva e, da tale esperienza, da tale saggezza, gli uomini soggetti alle stesse norme non cambieranno certo la loro natura ma trasformeranno gradualmente il loro comportamento».

Cosa viene generato dal renzismo e in particolare dal suo modo di fare e dal suo linguaggio?

L’ABC e la storia del renzismo le troviamo specchiate in tre parole chiave:

1) “Arroganza”, che si percepisce da ogni azione e da ogni parola, com’è il caso della parola “rottamazione” usata nei confronti di persone e istituzioni, Costituzione compresa;

2) “Bugia”, pronunciata con l’uso spregiudicato dei media (ad esempio “stai sereno Enrico”, il famoso messaggio rivolto al Presidente del Consiglio pro-tempore pochi giorni prima di farlo fuori per prendergli la poltrona);

3) “Comandare”, nel senso che chi vince le elezioni comanda per 5 anni e nel senso che l’idea fissa del renzismo è l’occupazione dei palazzi del potere. L’idea di “comandare” e di voler comandare all’interno di qualsiasi istituzione quasi sempre disconosce e agisce in dispregio della qualità e dell’efficacia del saper “dirigere” e del saper governare nel rispetto degli interessi generali.

Tra le parole improprie e al limite della bugia usate dal renzismo, ne cito un paio.

La prima è l’uso improprio della parola “modernità”, nel senso che il renzismo vuole e persegue, di fatto, non la modernità, ma il ritorno all’antichità dell’uomo solo al comando cancellando tutta la cultura e tutta la vera modernità iniziata con il recepimento dei principi della divisione dei poteri teorizzati da Montesquieu.

La seconda è l’uso ingannevole della parola “cambiamento”, nel senso che il messaggio del renzismo tende a persuadere la gente ad accettare l’idea di un cambiamento a prescindere dell’entrare nel merito del proposto cambiamento che, com’è noto,  può essere in meglio o in peggio. Sta di fatto che le sue riforme sono tutte improntate al peggio e alla complicazione (altro che semplificazione) come si può capire, ad esempio, leggendo gli articoli 70 e 71 della sua proposta di riforma. Invero una semplificazione c’è, quella di costruire un ordinamento senza contropoteri per dare mano libera all’inquilino di Palazzo Chigi. Tra le complicazioni introdotte c’è anche l’allontanamento dei cittadini dalla politica triplicando il numero delle firme necessarie per una iniziativa popolare (da 50 mila a 150 mila firme di difficilissima e costosissima certificazione).

Alcune significative dichiarazioni dei vertici governativi

È appena il caso di ricordare che il 9 agosto 2016 è intervenuta una dichiarazione sconcertante da parte del Ministro Maria Elena Boschi.  Secondo il Ministro sarebbe una mancanza di rispetto al Parlamento la proposta di votare NO alla riforma.  Siccome  l’art. 138, secondo e terzo comma, della Costituzione prevede la possibilità di referendum popolare su revisioni costituzionali che non abbiano ottenuto il voto di due terzi dei componenti il Parlamento, l’affermazione del Ministro confligge con quanto stabilito da questo articolo e quindi  equivale ad ingannare i cittadini per poter far loro credere che solo il voto “SÌ” rispetterebbe la democrazia parlamentare. È di solare evidenza, altresì, che l’affermazione del Ministro configura  due gravissimi attacchi ai principi, uno alla libertà del cittadino e uno all’autodifesa normativa sancita dalla Costituzione.

Quasi contemporaneamente alle dichiarazioni del Ministro Boschi sono rimbalzate nelle TV le notizie di una affermazione de capo del Governo Renzi che promette di distribuire ai poveri i presunti risparmi conseguenti al suo progetto di sopprimere il Senato. In proposito ha dato i numeri: 500 milioni che darà alla povertà.

Conclusioni

Non ci sono parole innanzi al discredito e allo sfregio messi in campo contro le istituzioni e contro l’architettura costituzionale da parte della subcultura della rottamazione. Stiamo assistendo ad una propaganda di regime e a linguaggi che hanno i connotati tipici della sopraffazione per perpetuare l’occupazione dei palazzi del potere.

Un cenno è d’obbligo alla legge elettorale imposta dal Governo con voto di fiducia ed intrecciata con la riforma costituzionale. Essa è denominata ‘italicum’, ma si dovrebbe chiamare “Acerbum” per le sue similitudini con la legge elettorale Acerbo a suo tempo destinata a legittimare il fascismo. Questa legge “Acerbum”, peraltro, uccide il principio liberale “una testa un voto” previsto dalla Costituzione.

In questi tempi caratterizzati da una legislatura, la XVII, eletta con una legge elettorale incostituzionale,  è diventata di solare evidenza una “resistibile ascesa” nei palazzi del potere di una grande voglia di trasformare i cittadini in sudditi di un uomo solo al comando. Si vorrebbero restringere, non allargare i diritti dei cittadini. Addirittura si vorrebbe togliere per sempre il diritto dei cittadini di eleggere il Senato in capo al quale sono stati previsti compiti e funzioni per paralizzare in futuro riforme razionali (anche di natura costituzionale) di segno diverso da quello attualmente egemone. L’egemonia dell’attuale Governo non è rappresentativa della maggioranza degli italiani, come ha dimostrato la Sentenza N. 1 del 2014 della Corte Costituzionale. In pratica una minoranza fattasi maggioranza col trucco dell’incostituzionale porcellum e con l’aiuto di voltagabbana, ha predisposto un intruglio di norme che, per come avvertono costituzionalisti autorevoli, sta tentando di far passare una sostanziale modifica dell’art. 1 della Costituzione nella parte in cui è previsto che la sovranità appartiene al popolo. Tra sudditanza e cittadinanza attiva è chiara la differenza. La differenza la farà il voto per il NO alla riforma Renzi-Boschi con la consapevolezza che la Costituzione si potrà in futuro cambiare in meglio, non in peggio.