Vi segnaliamo un interessante articolo di Gianni Ferrara uscito il 4.5.2015 su Il Manifesto.

“Le decisioni prese non si possono cambiare, dice Renzi usando argomentazioni senza fondamento E si nomina interprete della volontà popolare, cancellando però il referendum di nove anni fa.”

È mira­bo­lante il tipo di dibat­tito che si svolge sulla riforma del Senato. Ad una valu­ta­zione for­te­mente e moti­va­ta­mente cri­tica sugli esiti deri­vanti dal testo in discus­sione, qua­lora fosse appro­vato tal quale, si risponde non discu­tendo tale valu­ta­zione, ma oppo­nen­dole pla­teali incon­gruità. Che vanno dalla disci­plina di par­tito, alla tenuta della mag­gio­ranza di governo, allo scio­gli­mento anti­ci­pato del Par­la­mento, il cui potere, peral­tro, non spetta al Pre­si­dente del Con­si­glio. A que­ste mani­fe­sta­zioni di mera tra­co­tanza si aggiun­gono però, a difesa del dise­gno gover­na­tivo, due argo­men­ta­zioni che richie­dono spe­ci­fi­che repli­che. Una è quella della intan­gi­bi­lità fat­tuale delle deli­be­ra­zioni già adot­tate, intan­gi­bi­lità che deri­ve­rebbe dall’obbligo (non certo giu­ri­dico e non si sa di quale tipo) di riap­pro­varle così come sono per cogliere … l’irripetibile occa­sione sto­rica rap­pre­sen­tata da Mat­teo Renzi. L’altra è quella della volontà popo­lare che lo stesso Renzi inter­pre­te­rebbe, certo non per man­dato elet­tivo, visto che alle ele­zione del 2013 non era nean­che can­di­dato, quindi per cari­sma natu­rale o … divi­na­mente infuso.

La tesi della intan­gi­bi­lità fat­tuale sem­bre­rebbe basarsi sulla per­sua­sione che il dibat­tito tren­ten­nale sulle riforme isti­tu­zio­nali avrebbe da tempo pro­dotto un’amplissima con­cor­danza sui con­te­nuti di tali riforme. I dubbi sul voto a favore del dise­gno di legge da parte del Senato smen­ti­scono reci­sa­mente tale per­sua­sione. C’è di più. La pre­tesa intan­gi­bi­lità, se si fosse affer­mata o si affer­masse, si rivol­ge­rebbe con­tro il suo obiet­tivo. Per­ché, pri­vando di rile­vanza deter­mi­na­tiva la seconda delle deli­be­ra­zioni di cia­scuna Camera, dis­sol­ve­rebbe la ratio del pro­ce­di­mento. Ratio che impone, con la seconda delle due inter­val­late deli­be­ra­zioni, l’obbligo di rie­sa­mi­nare gli effetti siste­ma­tici del con­te­nuto della prima deli­be­ra­zione per accer­tarne la vir­tuo­sità, l’adeguatezza o la per­ver­sità. E, in que­ste due ultime ipo­tesi, se l’insufficiente o la depre­ca­bile effi­ca­cia della prima deli­be­ra­zione sia emen­da­bile inter­ve­nendo sul testo appro­vato o sia invece tale da imporre la reie­zione espressa o tacita del pro­getto di riforma. L’intangibilità fat­tuale, una volta accer­tata, ver­rebbe a con­fi­gu­rare l’incostituzionalità della legge di revi­sione per vizio in procedendo. (Continua a leggere…)