Articolo di Antonio Pileggi su Rivoluzione Liberale
Raccogliere 500.000 firme per i quesiti referendari è un impegno che presenta svariate difficoltà. Da una parte c’è il Potere Esecutivo che vuole farsi una Costituzione e una legge elettorale illiberali e che fa uso, senza scrupoli, di gran parte dei media. Dall’altra c’è un diffuso abbandono delle urne da parte dei giovani e dei meno giovani, che in gran parte sono stati indotti, dalle azioni e dalle omissioni governative, a non fidarsi nemmeno degli strumenti di partecipazione democratica, referendum compreso.
La lunga stagione referendaria inaugurata dal Coordinamento per la Democrazia Costituzionale l’11 gennaio 2016 e proseguita con l’Assemblea nazionale del 18 marzo 2016 procede con la consapevolezza di dover affrontare un intenso lavoro di informazione e di richiesta ai cittadini di diventare protagonisti attraverso la partecipazione attiva.
Nel porci la domanda su cosa dire nei banchetti per la raccolta delle firme il primo pensiero va all’idea di rendere concreto e motivato il diritto alla partecipazione. È l’idea del premio Nobel Wole Soyinka, che avvertiva la necessità di porre la partecipazione nell’articolo 1 della Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e in tutti i primi articoli delle Costituzioni di tutti i Paesi del Pianeta.
Perché partecipare?
Partecipiamo a questa stagione referendaria perché ci troviamo innanzi ad una scelta tra due differenti posizioni politiche: quella autoritaria e quella liberale.
Partecipiamo perché il Potere Esecutivo, con le sue riforme vuole mortificare ogni forma di partecipazione.
Partecipiamo perché vogliamo rispondere con il verbo partecipare all’altro verbo, semplificare, usato dagli esperti della comunicazione impiegati dal Governo. Essi esperti parlano di semplificazione per ingannare i cittadini. Per trasformare le istituzioni all’insegna di un progetto improntato all’idea che ci debba essere uno a comandare e tutti gli altri ad obbedire, Parlamento compreso.
Partecipiamo perché, con la scusa della governabilità a tutti i costi, stiamo ripiombando nel periodo dei principati e dei principi che, eletti in modo plebiscitario, rivendicano sempre più potere discrezionale e vogliono azzerare le funzioni delle assemblee elettive. Stiamo assistendo a bruttissimi esempi di malgoverno nelle città sotto il potere feudale del sindaco con le sue società partecipate, nelle Regioni sotto i dominio dei governatori, nello Stato sotto il dominio di un uomo solo al comando.
Partecipiamo e invitiamo a partecipare tutti i cittadini che si riconoscano nei valori e nei principi di una Costituzione che deve essere la Legge delle leggi di tutti e per tutti. Non di una minoranza fattasi maggioranza con una legge elettorale col trucco.
Partecipiamo e rispettiamo le differenti scuole di pensiero di chiunque si riconosca nella nostra Costituzione che è sotto attacco da parte del capo del potere esecutivo che è anche il capo del suo partito.
Partecipiamo perché il potere esecutivo vuole agire e sta agendo in spregio ai principi e ai valori liberali della divisione dei poteri.
Partecipiamo perché siamo consapevoli che non è un destino cinico e baro il fatto che i partiti siano stati fatti sprofondare in un abisso costituito dall’azzeramento di ogni loro credibilità allo scopo di farli diventare solo dei comitati elettorali alle dipendenze di un padrone (o di un leader salvifico). Il male, che non è oscuro, è causato da chi vuole sostituire alla complessità della politica un capo, chiamato leader, per meglio dominare la società e per far venir meno il primato della politica di stampo liberal-democratico. E si parla di leader in ogni dove.
Pure la scuola è stata travolta e posta sotto la egemonia di un leader, il c.d. preside manager. Ciò per mortificare il principio della libertà di insegnamento, per vanificare il riconoscimento costituzionale dell’autonomia delle istituzioni scolastiche e per diffondere la dottrina dello scettro del comando nelle mani di un capo finanche nel luogo deputato a far crescere, tramite il dialogo educativo, lo spirito critico e l’anelito di libertà del singolo cittadino.
Partecipiamo e utilizziamo questa stagione referendaria per un percorso di informazione rivolta a diffondere la conoscenza della Costituzione, che ha ricevuto, nel 2006, il premio Strega per la “nitidezza e l’attualità dei principi che essa enuncia”. Il linguaggio della Costituzione di tutti è improntato alla chiarezza. Un esempio? L’art. 33: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. Facciamo leggere a tutti, nei banchetti, qualche articolo della costituzione della minoranza fattasi maggioranza col trucco. E facciamo confrontare l’art. 70 sulla funzione legislativa per come scritto dai padri costituenti e per come lo vorrebbero i novelli sacerdoti della semplificazione. Una semplificazione che è il massimo della complicazione sul piano della produzione legislativa.
Partecipiamo facendo sapere che la Costituzione può essere revisionata, ma non stravolta. Che non si possono cambiare in blocco più di 40 articoli dei 139 che compongono la nostra Carta.
Partecipiamo per dire NO alle leggi elettorali illiberali.
Partecipiamo perché l’appuntamento elettorale ogni 5 anni non sia la ruota della fortuna: chi vince piglia tutto e comanda da solo.
Partecipiamo perché non pensiamo all’attuale capo dell’Esecutivo, ma a qualsiasi capo dell’Esecutivo che in futuro possa appropriassi dei Palazzi del Potere.
Partecipiamo perché bisogna rispettare il principio una testa un voto.
Partecipiamo perché il nostro ordinamento è stato concepito con pesi, contrappesi e controlli, cioè in termini plurali. Ed è stato tenuto a battesimo da due Liberali, Einaudi e De Nicola.
Partecipiamo perché condividiamo il pensiero di Benedetto Croce: “non vi sono se non due sole posizioni politiche contrastanti: la liberale e l’autoritaria”.