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Più il tempo ci si avvicina alla data del 6 maggio, più aumentano le ragioni che mi portano a partecipare.
La prima ragione. Andai anche a Piombino, l’11 marzo scorso, alla grande manifestazione per il clima, fuori dal fossile. Per solidarietà con una città che, tutta intera, si opponeva a un rigassificatore a due passi dalla riva e di fronte all’abitato. Tutta la cittadinanza era mossa da una giusta preoccupazione per la propria salute e la propria economia, turismo e pesca.
Inoltre, ripensai allora, e ancora più penso, oggi, ad alcune recenti modifiche costituzionali che mi videro assai perplessa. Fu aggiunto un comma all’art.9 “La Repubblica… tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”. Ritenni la modifica un inutile greenwhasing della Costituzione, uno spot. Perché già molte leggi ci sono da tempo, per la tutela dell’ambiente, e non vengono rispettate. Non solo. Fu “arricchito” anche l’art. 41. A proposito di iniziativa economica libera si è aggiunto che “Non può… recare danno alla salute, all’ambiente… l’attività economica pubblica e privata… indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”.
Aumentare il fossile è rispetto per la Costituzione? Scienziati da tempo immemorabile hanno lanciato l’allarme. Vincenzo Balzani, scienziato di fama internazionale, coordinatore del Gruppo energia per l’Italia, dice chiaramente che dal fossile si deve uscire e non lo si deve incrementare. Da incrementare ci sono, invece, le energie alternative e rinnovabili, il risparmio energetico, politiche pubbliche coerenti. Per esempio, gli edifici pubblici si sono riconvertiti in tal senso, quelli già esistenti da tempo? E gli edifici di recentissima costruzione? E le scuole? Possibile che chi ha responsabilità di governo, che significa aver cura dell’interesse comune della propria comunità, a partire dalla salute e dall’ambiente, ascolti più Eni che gli scienziati? Invece, dopo Piombino, ci sarà Ravenna. Fra poche settimane, entra in funzione il rigassificatore di Piombino. Per Ravenna, è questione di poco tempo.
La seconda ragione, che ha rafforzato la prima. Durante l’assemblea pubblica del 3 maggio scorso, a Ravenna, abbiamo ascoltato parole importanti, dei movimenti femminili e femministi di Ravenna, che sostengono la mobilitazione, degli operai della GKN, che verranno a Ravenna, domani, per raccontare il loro progetto, autogestire la fabbrica con attenzione all’ambiente. Ma, nel corso della serata, arriva la notizia che il percorso della manifestazione è stato rimpicciolito, per ragioni di sicurezza. Incomprensibile. A Piombino la manifestazione, assai partecipata e fitta, ha attraversato tutta la città, e la sicurezza è stata garantita dalla polizia, numerosa, presente e attenta. A Ravenna, no? Ecco la seconda ragione. Manifestare è un diritto, non un ingombro fastidioso. Dice la Costituzione.
La terza ragione. Da due giorni la mia casa è alluvionata. La rotta del Lamone mi impedisce di andare, entrare e controllare. Il fosso demaniale di fronte alla casa da tempo non è stato pulito. Da luoghi non lontani dalla mia casa mi dicono che negli interni hanno mezzo metro d’acqua. Vi guizzano i pesci. La falla del Lamone continua ad essere attiva. Ho chiesto informazioni a uffici pubblici e non ho ricevuto risposte comprensibili. Ho appena ricevuto una notizia. La Regione aveva fondi per evitare alluvioni e non li ha utilizzati. Mi auguro che la notizia sia smentita. In ogni caso anche perché sono alluvionata, e in attesa che il cosiddetto bene comune diventi la priorità, come dice da tempo la Costituzione – prima e dopo l’inserimento della parola ambiente nella Carta – andrò alla manifestazione di domani Per il clima, fuori dal fossile.