il manifesto del 17 gennaio2023
L’inflazione è un pericolo per Italia. La più alta d’Europa, il doppio della Spagna. L’errore del governo sulle accise è grave e spinge l’inflazione, come l’aumento delle tariffe autostradali, ma il difetto più grave è che non ha una politica per controllare e contrastare l’inflazione, come conferma il prezzo del gas che sale mentre cala sui mercati.
La Bce prima ha sbagliato sull’inflazione al 2%, sottovalutando la guerra e i suoi contraccolpi, poi ha virato bruscamente tornando a prima del Draghi di whatever it takes aumentando i tassi di interesse, a ruota della Fed, come da dottrina monetarista, socialmente ingiusta ed economicamente perdente. Peggio: la Bce ha raddoppiato con la decisione di non comprare più debito degli Stati nazionali. Per questo il governo dovrebbe avere una politica e avanzare proposte a livello europeo.
La decisione di prelevare un quarto di quanto deciso da Draghi dagli extra profitti delle aziende che hanno speculato sull’esplosione dei prezzi delle fonti energetiche ha aperto una voragine di 7,5 miliardi nei conti pubblici. Da qui il taglio dello sconto sulle accise dei carburanti. Da qui anche la durezza dell’attacco al reddito di cittadinanza e il forte taglio alla rivalutazione delle pensioni oltre 4 volte il minimo, 17 miliardi in 3 anni.
Il ministro dell’economia Giorgetti ha dimostrato di non avere idee su una terapia anti inflazione e Meloni ha scaricato la responsabilità degli aumenti dei carburanti sulla rete di vendita (ora corre ai ripari) motivandola come una misura di equità. Una assurdità. Il governo ha rastrellato risorse per i condoni e la flat tax alle partite Iva, senza alcuna attenzione all’aumento dell’inflazione. I soldi disponibili sono stati spesi male.
Un bene indispensabile come il carburante può recuperare equità con la tassazione dei redditi più alti, bollo compreso, con sostegni ai redditi bassi, ecc. non dai prezzi alla pompa e il loro aumento spinge l’inflazione, in più gli aumenti incidono su chi trasporta merci e quindi sui prezzi finali.
La gestione di Giorgetti dell’economia è deludente, attento solo ai saldi finali ma senza idee e senza coraggio. Invece il ruolo del Mef sarebbe decisivo per politiche di sistema. Un esempio: Calderoli, leghista come Giorgetti, nella bozza per l’autonomia regionale differenziata arriva a dare 30 giorni al Mef per pronunciarsi sulle norme e trovare le risorse, altrimenti il governo (cioè lui) avvierebbe comunque la trattativa con le regioni per il trasferimento dei poteri dallo Stato, senza riguardo per i conti pubblici, e l’equilibrio territoriale. Mai esistita una norma del genere.
A dicembre l’inflazione è arrivata a un + 11,6%, rendendo più difficile la concorrenza dei prodotti italiani e drenando risorse ingenti dai redditi fissi e dal risparmio. Se prima fa aumentare le entrate, dopo l’inflazione, invece, diventa un cappio al collo per le finanze pubbliche perché aumentano le uscite e il costo del debito pubblico. Inoltre l’inflazione scarica sui redditi fissi e su quelli bassi il peso degli aumenti, quindi più povertà, più divaricazione sociale.
Se i contratti dei lavoratori dipendenti non vengono rinnovati a livelli adeguati viene programmata una riduzione dei salari. Anche introdurre il salario minimo sarebbe molto utile. Se salari, redditi fissi, pensioni e piccolo risparmio vengono erosi, la domanda interna diminuisce e la recessione è alle porte. Le esportazioni non potranno compensare visto che l’economia mondiale sta rallentando sotto i colpi della guerra e del Covid.
La cultura del controllo delle variabili economiche, compresi i prezzi, è stata accantonata, con il risultato che chi poteva i prezzi li ha aumentati, ma così l’inflazione va fuori controllo. Il paragone può essere con il passaggio lira/euro, quando il mancato controllo (di Tremonti) dei prezzi creò più inflazione.
Il governo dovrebbe esplicitare gli obiettivi, convocare tavoli di concertazione, adottare normative e strumentazioni che oggi mancano. Inoltre il 31 marzo scadranno tutti gli interventi di sostegno, un incubo. I lavoratori dipendenti italiani in 20 anni hanno perso il 3 % dei salari, unici in Europa. Non ci sono spazi per riduzioni dei salari.
Il governo dovrebbe adottare una politica anti inflazione per scongiurare il peggio, costruendo un confronto con le forze sociali, sindacati in testa, mettendo in sicurezza i fondamenti della tenuta sociale del paese: sanità, scuola, ricerca, università, assistenza, previdenza.
L’opposizione dovrebbe preparare proposte e pretendere un confronto parlamentare su come contrastare l’inflazione.