La guerra in Ucraina sta modificando orientamenti, spinge a scelte dolorose, alimenta derive estreme, influisce negativamente su scenari che erano già preoccupanti: pandemia, costi energia, aumento prezzi, difficoltà occupazione, sviluppo incerto e sua qualità in arretramento. Il coordinamento mondiale della lotta al cambiamento climatico rischia di essere la prima vittima delle conseguenze politiche dell’aggressione russa all’Ucraina.
La guerra ha esaltato i fattori negativi, la corsa al riarmo ne è la prova, e depresso quelli positivi, a partire dalle speranze di creare un futuro migliore.
Non c’è da sorprendersi se Confindustria fa una previsione da brivido sul futuro economico del nostro paese. La questione non è la precisione della previsione ma la tendenza di fondo, uno zero virgola in più o in meno non cambia granché. Questo si riverbera sui rapporti politici e crea ulteriori difficoltà in un quadro politico non esaltante e sull’azione di un governo non privo di affanno. C’è chi ha voluto i referendum sulla giustizia, tra cui svetta una rancorosa ripicca per abolire la legge Severino – che ha portato alla decadenza di Berlusconi dalla carica di senatore – e che ora, dopo averli promossi attraverso le regioni a maggioranza di destra, sembra meno sicuro di riuscire ad arrivare al risultato sperato di mettere la magistratura sul banco degli accusati e di renderla meno autonoma dal potere politico.
C’è chi si allinea alle posizioni estreme di Biden sull’aggressione russa all’Ucraina, le quali sembrano dimenticare che occorre puntare sulla fine del conflitto e sulla trattativa di pace, finendo invece con l’incoraggiare Zelensky a rilanciare con un “vinceremo la guerra”. Questa linea dimentica che è l’Europa (compresa l’Italia) a pagare il prezzo maggiore delle sanzioni, per questo non si capisce perché fare i primi della classe nell’adozione di sanzioni che avranno effetti anzitutto su chi le adotta e perfino a correre il rischio più grosso se il conflitto dovesse finire per deragliare verso uno scontro diretto Nato/Russia. Gli Usa dovrebbero impegnarsi allo spasimo per una tregua immediata e per una soluzione pacifica e concordata del contenzioso tra Russia e Ucraina, perché è chiaro che una soluzione del conflitto richiede un ruolo positivo delle grandi potenze, Usa compresi, anzitutto nella sede internazionale deputata: l’ONU.
C’è chi tenta di ribaltare i sondaggi sognando precedenti risultati elettorali che non torneranno, tentando di tornare a crescere nei consensi elettorali a spese di una chiara alternativa di governo da presentare nelle prossime elezioni politiche. Infatti le prossime elezioni politiche hanno bisogno della presenza di alternative che si confrontano, mentre così si rischia di incoraggiare una destra divisa e litigiosa su tutto a rimettersi insieme solo per vincere le elezioni, e forse a farcela senza merito.
Anche il governo ne risente.
Nelle dichiarazioni si afferma l’esigenza di accelerare il più possibile verso le rinnovabili per liberarsi dalla sudditanza energetica fossile (il Corriere ha parlato di 40 GW di investimenti pronti in attesa di un semaforo verde che non arriva) ma nei fatti tempo e risorse sono rivolte a fare una colletta di gas nel mondo, a costi proibitivi. Se tutto deve cambiare e in fretta occorre guidare il cambiamento con mano ferma, facendo i conti, elaborando piani di sviluppo dei settori innovativi per reggere la caduta di occupazione e di ricchezza dei settori destinati al ridimensionamento occupazionale. Per questo occorre discutere con imprese e sindacati per predisporre i piani e le misure necessarie. Potrebbe essere utile, ad esempio, ripristinare il Ministero del bilancio e della programmazione, oggi ridotto ad un dipartimento della presidenza del Consiglio. Qualcuno ricorda La Malfa, Pieraccini, ecc.?
I prezzi sono da tempo in tensione al rialzo, ne è stata sottovalutata la crescita, definita frettolosamente temporanea, ma nel frattempo la pressione inflazionistica è penetrata in profondità nell’economia e nella società e sta diventando un fenomeno che si autoalimenta con le aspettative di una sua crescita e le speculazioni aggiungono altro carburante, ad esempio i futures su gas e petrolio hanno avuto – come sempre – un ruolo enorme di avveramento delle peggiori previsioni.
Sarebbe necessario far corrispondere ad un’economia che viene definita, forse con enfasi, di guerra un controllo dei prezzi di pari forza, invece si continua a pensare che sarà il mercato a offrire le soluzioni del problema (quando la “mandria” impazzisce può succedere di tutto) e si interviene ex post con interventi pubblici costosi, tardivi e insufficienti. Parlare di prezzi amministrati e sorvegliati, o qualcosa del genere, può sembrare un’eresia ad orecchie liberiste, ma di questo passo torneremo all’inflazione a due cifre, in presenza di un’economia che tende verso la recessione e quindi di un bilancio pubblico che non sarà in grado di trovare le risorse necessarie per intervenire, se non aumentando il debito.
La stagflazione è una trappola economica e sociale devastante per le fasce più deboli della popolazione.
In effetti la previsione di 60 miliardi in più di costo dell’energia nel 2022 corrispondono a una parte importante dell’intervento a fondo perduto che dovremmo ricevere dall’Europa nell’ambito del Next Generation EU. L’impressione è che la direzione del governo sia incerta, timida, poco efficace, mentre dovrebbe chiamare le forze sociali a discutere insieme delle scelte, sia le imprese, che i sindacati e i rappresentanti delle istanze ambientaliste, senza il timore di introdurre spostamenti di finalizzazione delle risorse nel bilancio. Del resto se cambiano le priorità e si discute di un aumento delle spese militari, di cui prima non c’era traccia, occorre ricollocare parte delle risorse sugli obiettivi strategici. Il ministro del Tesoro Franco a Cernobbio ha detto che non si può ridiscutere tutto il PNRR. Bene, ma tra il tutto e il nulla ci sono molte possibilità intermedie per concentrare l’uso delle risorse.
L’impressione è che la spinta propulsiva iniziale del governo sia rallentata e con questo vengono allo scoperto le furbizie e le insufficienze dei partiti grandi e di quelli piccoli, dediti a posizionarsi per lucrare una crescita nei sondaggi. Sondaggi che sono sostanzialmente stabili da tempo, i due partiti di testa sono più o meno alla pari e nello stesso tempo fermi, quelli che stanno scendendo nei sondaggi sono nervosi e incoerenti ma continuano a scendere, i piccoli si ripartiscono modesti incrementi dello zero virgola che non spostano la sostanza dei loro ruoli.
Quando un paese come il nostro è nell’impasse, in una sorta di stagflazione politica, è necessario sbloccare la situazione ripartendo da una cura che Paolo Baffi, all’epoca governatore della Banca d’Italia, prescrisse molti anni fa per la lira: il valore della lira doveva corrispondere alla forza reale, inutile svenarsi per difendere bolle artificiali.
Anche i partiti politici debbono ripartire dal loro valore reale, altrimenti si danneggeranno a vicenda. Dal valore reale di ogni rappresentanza può ripartire la costruzione di una coalizione di governo non posticcia, non al di sopra del valore reale di rappresentanza.
Per questo occorre una nuova legge elettorale che consenta a tutti di misurarsi con gli elettori, di spiegare perché chiedono il loro voto e affidando agli elettori il compito di scegliere non solo i partiti ma anche le persone da eleggere in parlamento perché godono della loro fiducia. Cercando così di iniziare il superamento del rapporto slabbrato oggi esistente tra eletti ed elettori, anzitutto attraverso una legge elettorale che non regala e non toglie. Anche perché per molti aspetti la prossima legislatura avrà aspetti costituenti, cioè dovrà decidere scelte difficili, non rinviabili.
Proporzionale e scelta degli eletti da parte degli elettori sono un binomio senza alternativa.
Altrimenti continueremo ad avere partiti che si comportano come nobili decaduti che non possono permettersi il precedente tenore di vita o partiti che pur di crescere sono pronti a dichiarare incompatibilità preconcette con altri del tutto immotivate. Se vuoi governare devi costruire una maggioranza, che non deve essere né un obbligo né un ripiego, ma una sintesi di scelte indispensabili e necessarie, altrimenti la discesa sarà inevitabile verso una società più ingiusta, sempre più duale ed escludente, nervosa e bellicista.
Papa Francesco ha ragione, i soldi per le armi si trovano sempre, per altre scelte no.
In gioco ci sono scelte di fondo e le prossime elezioni debbono cercare di creare le condizioni per farle, per dare un futuro al nostro paese, nell’ambito dell’Europa.