Le dichiarazioni di Ursula Von der Leyen sull’Italia, arrivando a chiedere scusa per il deficit di solidarietà, sono una novità importante e premono per ottenere novità positive dalla riunione dei capi dei governi europei prevista per il 23 aprile. Se non ci fosse di mezzo la gravità della pandemia, tutt’altro che sotto controllo, e una conseguente crisi economica di proporzioni impressionanti per il nostro paese, potremmo apprezzare meglio questa novità. Purtroppo l’urgenza è tale che avere fissato la riunione europea al 23 aprile non ha lasciato un’impressione positiva. Il tempo incalza, le decisioni vanno prese rapidamente, l’Europa deve decidere. La discussione in Italia si è concentrata sul Mes, brandito da Salvini e Meloni con inutile estremismo, forse per tentare di far dimenticare che è il governo Berlusconi che nel 2011/2012 ha partecipato alla sua stesura, con Meloni ministro e la Lega nella maggioranza: Berlusconi ha spiazzato i suoi “alleati” riconoscendo che è andata proprio così, ma aggiungendo che in cambio dovevano esserci gli eurobond. Forse Tremonti, mefistofelico ministro dell’Economia, gli aveva raccontato che c’era uno spazio per gli eurobond. Difficile da credere, se c’è contrarietà oggi tanto più c’era allora quando la Grecia veniva socialmente massacrata.

Resta il fatto che sono due partite non scambiabili, tanto è vero che Monti, arrivato al governo dopo la crisi di Berlusconi, si è ben guardato dall’usare l’antenato del Mes, perché allora come oggi il rischio è la troika, cioè la rinuncia all’autonomia delle decisioni nazionali e quindi di venire messi sotto tutela. Monti che guidò il governo successivo prese decisioni drastiche, molte non condivisibili (pensioni, ad es.) ma tenne il punto della sovranità nazionale. L’importanza delle dichiarazioni di Berlusconi resta perchè mette in campo una posizione diversa dalla demagogia antieuropea di Salvini e Meloni. Del resto la Lega non ha trovato di meglio che votare contro anche agli eurobond. Da varie parti arrivano pressioni per ricorrere al Mes per le spese legate alla pandemia. Nella foga viene presentata una realtà edulcorata. Sembrano considerazioni di buon senso ma a leggere bene i documenti vengono seri dubbi che sia tutto così ovvio.

I prestiti del Mes hanno una condizionalità che verrebbe alleggerita se l’utilizzo sarà legato alla crisi sanitaria, ma restano alcuni aspetti tuttora non chiariti. Il Mes fa prestiti per periodi limitati, di norma due anni, quanto potrebbe essere la durata di questi? Per interventi come quelli necessari oggi occorrono tempi molto lunghi, decenni. I prestiti, per ragioni costitutive del Mes, prevedono un interesse che remuneri il prestito più altre spese, non sono a costo zero, come si trattasse di un normale prestito. I prestiti sono garantiti come debito ultra privilegiato, al punto che l’Italia dovrebbe pagarlo perfino se uscisse dall’Euro (ipotesi puramente di scuola), la condizionalità del Mes potrebbe essere chiesta anche successivamente e questo andrebbe chiarito, in particolare che non ci possono essere clausole aggiunte ex post. È vero, di norma un intervento del Mes consente alla Bce di superare il vincolo di non acquistare direttamente titoli pubblici e quindi potrebbe esserci un intervento forte per tenere basso lo spread, ma in questo caso siamo certi che la troika non entrerebbe in campo in modo automatico? Settori economici, finanziari ed imprenditoriali mettono in luce la “convenienza” di avere questi soldi a disposizione, c’è del vero ma dimenticano di dire che nel caso di intervento della troika a farne le spese sarebbero in larga misura le spese sociali e vista la situazione della sanità è facile immaginare che l’intervento sarebbe sulle pensioni e sulla spesa pubblica, cioè pensioni, stipendi e acquisti.

In realtà parte di coloro che premono per usare il Mes pensano di usare risorse che altri pagheranno.

A differenza del governo Conte 1 il Conte 2 ha opportunamente sviluppato una politica di alleanze con altri stati europei. Le dita negli occhi di Salvini agli altri paesi avevano isolato l’Italia. Oggi non è più così, per fortuna. Tornare al passato di un sovranismo fondato su risse continue con tutti sarebbe un disastro. Lo schieramento di cui fa parte l’Italia ha esigenze e obiettivi non tutti coincidenti, per questo è bene chiarire tutto quanto è possibile sul Mes e lasciare liberi i singoli paesi di chiederne l’intervento. Più le modifiche saranno buone meglio sarà per tutti. Siamo chiari, nessuno può giurare che l’Italia in futuro non avrà mai bisogno di usare questo meccanismo ed è meglio iniziare subito a chiedere, insieme agli altri stati, la modifica delle regole che dai trattati sono state trasposte negli strumenti come il Mes. La destra estremista punta ad usare le difficoltà per favorire un processo di uscita dell’Italia dall’euro, pretendere chiarimenti è un argine contro questa deriva. Quindi chiarire è utile a tutti, anche a chi per ora (sperabilmente mai) pensa di non usare questo meccanismo, Monti aveva visto giusto e oggi ci sono troppe incognite sul futuro economico e finanziario mondiale per accettare preclusioni. Perfino la Cina cede alcuni punti di Pil, cosa ci aspetta è difficile prevederlo. È sperabile che la riunione del 23 aprile tra i capi di governo abbia la fantasia necessaria per dare corpo e forza alla formula per ora troppo evanescente definita dall’eurogruppo. Sembra di assistere all’inaugurazione di un monumento finora coperto da teli che non lasciano intravvedere la sostanza. Vedremo tra non molto cosa c’è sotto.

Se vi sarà una forma di mutualità, il cui nome ha poca importanza, concepita ex novo come strumento dell’Unione avremo fatto un passo avanti non da poco, se poi avrà sia interventi a fondo perduto che prestiti a lungo termine sarà ancora meglio. Uno strumento ex novo può consentire di prefigurare anche una nuova modalità di intervento della Bce a sostegno di un intervento comune degli stati, infatti si potrebbe leggere come cosa diversa dall’acquisto diretto di debito pubblico. Altrimenti le dichiarazioni di Von der Leyen a cosa servirebbero?

Infine va chiarito che comunque vada a finire l’Italia deve fare la sua parte. Deve prendere decisioni importanti, ad esempio deve riportare in Italia produzioni che non possono più dipendere dall’estero, alcune obbligate e altre “incoraggiate”. Se un’auto ha bisogno di componenti che non arrivano è un problema, se alla sanità pubblica mancano i mezzi necessari per poter curare in modo efficace la salute delle persone è un delitto. Occorre ristrutturare i settori produttivi, riportare le produzioni nel paese, organizzare il lavoro nel modo più moderno ed efficace, a distanza in tutte le situazioni che lo consentono. Chi non rispetta il lavoro chiude. Anche sul piano delle risorse occorre cambiare. L’Olanda è un paradiso fiscale inaccettabile, come altri, va chiesto che venga vietata la concorrenza fiscale sleale, ma quante imprese italiane hanno scelto di usare questi strumenti di elusione/evasione? Basterebbe una norma che affidi agli stati/paradiso l’obbligo di fare da sostituto di imposta per lo stato italiano. Si possono proporre strumenti finanziari pubblici all’interno del nostro paese dove c’è risparmio disponibile ma occorre farlo con garanzie precise, primo tra tutti garantire che quel debito pubblico non verrà mai ristrutturato.

L’evasione è un problema antico, iniziamo l’intervento dalle liste di quanti hanno rinunciato perfino ad usare i condoni del centro destra, purtroppo non cancellati da chi è venuto dopo. Gole profonde hanno rivelato gli elenchi, procediamo e iniziamo a confiscare e a mandarne qualcuno in carcere, con buona pace di Salvini. Il nostro paese deve raccogliere le risorse dove sono e usarle per quanti (imprese e persone) ne hanno urgente bisogno, questo non dipende dall’Europa ma dall’Italia e insieme avviare con altri paesi una fase di revisione dei trattati, a partire dai parametri di Maastricht fino al ruolo della Bce perché la separazione tra Tesoro e Banca centrale va superata.

 Alfiero Grandi