Alfiero Grandi  19.1.2019

Alla Camera si sta discutendo la legge per introdurre in Costituzione il referendum propositivo, destinato ad affiancare quello abrogativo. L’intenzione è condivisibile, le modalità previste vanno corrette per renderlo coerente con la Costituzione. È un passo avanti che la maggioranza gialloverde abbia accettato di inserire nella legge un quorum del 25 % di favorevoli per considerare approvata una proposta di legge popolare sottoposta a referendum propositivo. Esponenti della maggioranza sembrano aperti ad ulteriori modifiche, bene. Tuttavia è bene essere chiari, il quorum introdotto non basta, restano problemi nel testo che non convincono ma anzitutto occorre garantire che questa modifica della Costituzione verrà sottoposta a referendum popolare, prima di entrare in vigore. Elettrici ed elettori hanno il diritto di approvare o respingere le modifiche della Costituzione e la possibilità è assicurata solo da un’approvazione al di sotto dei 2/3 dei deputati e dei senatori. Ricordo che la bocciatura delle modifiche della Costituzione il 4 dicembre 2016 è stata possibile perché il parlamento non le ha approvate con la maggioranza dei 2/3.

Sarebbe opportuno un referendum confermativo della riforma costituzionale voluta dai gialloverdi

Se invece l’approvazione avvenisse con l’approvazione dei 2/3 dei deputati e dei senatori il referendum per confermare o abrogare la norma sarebbe impossibile, come purtroppo è avvenuto con la modifica dell’articolo 81 durante il governo Monti. Ricordo che non è stato possibile cancellare la modifica dell’articolo 81, che tuttora rappresenta una spada di Damocle sulle politiche di sviluppo e costringe i governi a inventarsi aggiramenti della norma costituzionale sul pareggio di bilancio. I cittadini debbono potere giudicare la novità dell’introduzione dei referendum propositivi per approvarla o respingerla, mentre si avverte la tentazione di arrivare ad un’approvazione con numeri tali da evitare il voto popolare.  Quando si cambia la Costituzione è indispensabile far votare i cittadini.

Il quorum del 25% degli elettori come condizione per approvare una proposta di legge sottoposta a referendum propositivo non è sufficiente. Occorre introdurre anche un quorum di validità per la partecipazione al referendum. Quando si scrive una norma costituzionale occorre avere una visione non contingente. Per questo vanno previste norme che garantiscano che il voto verrà espresso in modo personale e segreto. Mentre la previsione del solo quorum di approvazione potrebbe consentire l’individuazione dei soli favorevoli, o dei contrari, alla norma sottoposta a referendum con conseguenti forme oggettive di pressione e perfino di catalogazione già all’atto della partecipazione, o meno, al voto.

Numerose lacune nel testo di riforma, e contraddizioni tra gli articoli 71 e 75 della Costituzione

La relatrice ha sentito il bisogno di raccordare il referendum propositivo con quello abrogativo, tuttavia i due referendum restano in due articoli diversi (referendum propositivo nel 71 e abrogativo nell’articolo 75), questo fa sorgere problemi sulle materie oggetto di referendum propositivo che risultano più ampie di quello abrogativo. Se i due referendum (propositivo e abrogativo) fossero collocati uno di seguito all’altro e facessero riferimento alle stesse materie di esclusione avremmo una normativa coerente. Collocati in due articoli diversi, con diverse declaratorie, si finirebbe con una previsione più ampia di materie nell’articolo 71, con il rischio di arrivare a referendum propositivi su trattati internazionali, norme di natura fiscale, materie penali, e questo sarebbe un grave errore perché non a caso queste sono materie escluse dai referendum abrogativi. Inoltre il testo attuale che modifica l’articolo 71 è troppo ampio e prolisso, resta un ibrido tra una norma costituzionale che dovrebbe essere di poche parole, rinviando alla legge attuativa la precisazione delle materie attuative. Nella Costituzione vengono stabiliti i principi fondanti delle norme, non la loro attuazione. Così si ripetono inutilmente errori già fatti in precedenza. Inoltre la legge attuativa dovrebbe adeguare altri aspetti per entrambi i referendum: certificazioni inutili, validazioni, firme telematiche, ecc. Tutto questo non avrebbe senso inserirlo in Costituzione.

Mal collocato il ruolo della Consulta

Il ruolo della Corte Costituzionale è mal collocato. Il suo parere sulla legittimità del referendum propositivo è previsto dopo avere raccolto 100.000 firme (anche a 200.000 la sostanza non cambia) e questo può diventare una malleveria per arrivare a raccogliere le 500.000 firme necessarie per arrivare al referendum. Semmai la valutazione andrebbe fatta all’atto stesso della presentazione della proposta e deve essere previsto che il referendum non deve comportare spese che solo il parlamento può decidere nell’ambito del bilancio dello Stato.

Quando la proposta di legge è presentata al parlamento con 500.000 firme sono le camere a doversi pronunciare. Se non lo fanno nei tempi previsti la proposta può essere sottoposta a voto popolare. Tuttavia se la legge approvata è in parte diversa sarebbe un grave errore sottoporre a referendum quello di iniziativa popolare in alternativa a quello parlamentare. Un vero e proprio ingorgo istituzionale. Mettere in alternativa il testoreferendario dei promotori con quello approvato dalle Camere è un pericolo serio di contrapposizione tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa. Semmai se i promotori del referendum propositivo non fossero convinti della soluzione approvata dalle Camere potrebbero sempre ricorrere al referendum abrogativo, confermando che le due modalità referendarie vanno raccordate con attenzione. Inoltre va stabilito il numero massimo e la distanza di tempo tra i referendum propositivi nel corso della legislatura e non sarebbe male farlo anche per i referendum abrogativi.

Sarebbe stato meglio dare inizio alla legislatura con la riforma della legge elettorale

Resta l’interrogativo su quale sia la ragione che ha portato la maggioranza gialloverde a iniziare i suoiinterventi istituzionali dalle modifiche della Costituzione, di cui francamente non si sentiva l’urgenza. Mentre è molto urgente approvare una nuova legge elettorale, tanto più che siamo ad inizio di legislatura. Se un inciampo  politico ci portasse a votare prima della scadenza naturale saremmo di nuovo costretti a votare con la pessima normativa in vigore, il cui caposaldo – ricordiamolo sempre – è che la maggioranza dei parlamentari è scelta dall’alto e non dagli elettori, che da troppo tempo non hanno loro diretti rappresentanti. Un parlamento composto quasi per intero da nominati sta impoverendo il suo ruolo e dopo quanto è avvenuto con l’approvazione della legge di bilancio è ormai messo all’angolo, subalterno al governo, come prima e perfino peggio di prima della maggioranza gialloverde. Quindi bene se la maggioranza apre ad una riflessione seria ma è indispensabile una discussione a tutto campo sulla proposta del referendum propositivo in modo da realizzare un passo avanti nella partecipazione democratica del nostro paese, evitando il pericolo di sminuire ulteriormente il ruolo del parlamento, senza il quale tutta l’architettura istituzionale del nostro paese, prevista dalla Costituzione, ne risentirebbe pesantemente.

Del resto al Senato è avviata una discussione sulla diminuzione del numero dei parlamentari che non può essere ignorata e anche l’attuazione rivendicata da alcune Regioni dell’articolo 116 avrà conseguenze sull’equilibrio istituzionale. Senza sottovalutare che è sempre in agguato la tentazione del presidenzialismo, presente in diversi schieramenti. Il presidenzialismo sarebbe un rimedio peggiore del male che dichiara di voler curare e rappresenterebbe uno stravolgimento  della nostra Costituzione. Del resto ci sono già proposte in questo senso depositate in parlamento e quindi si potrebbe concretizzare una deriva, di cui questa prima modifica costituzionale potrebbe finire per essere l’innesco.