Quando le televisione ci ha fatto vedere il volto soddisfatto di Trump che mostrava urbi et orbi il decreto imperiale con il quale, stracciando le risoluzioni dell’ONU, ha riconosciuto Gerusalemme quale capitale di Israele, disponendo il trasferimento nella città santa dell’ambasciata americana, mi è venuta in mente la drammatica scena iniziale del film “I quattro cavalieri dell’apocalisse”, girato nel 1962 da Vincente Minnelli.
In Argentina un anziano patriarca, Madariaga, riunisce i suoi discendenti che hanno dato vita ad un ramo francese e ad un ramo tedesco della famiglia. Il cadetto tedesco, Heinrich von Hartrott, di ritorno da Berlino, manifesta il proprio entusiasmo per Adolf Hitler, a questo punto l’anziano patriarca viene sconvolto da una visione premonitrice, sente lo strepitio degli zoccoli e vede avvicinarsi in cielo i Quattro Cavalieri citati nell’Apocalisse: Morte, Carestia, Pestilenza e Guerra.
Confesso che anch’io ho sentito dentro di me lo strepitio degli zoccoli ed ho pensato che da quando è stato eletto Trump i quattro cavalieri maledetti, che Gorbaciov a suo tempo aveva mandato in esilio, si sono rimessi in marcia e si stanno avvicinando nella colpevole incoscienza dei leaders mondiali.
L’unica autorità mondiale che ha cercato di prevenire il disastro è stato Papa Francesco che all’udienza del 6 dicembre ha lanciato un grido d’allarme: “Il mio pensiero va ora a Gerusalemme. Al riguardo, non posso tacere la mia profonda preoccupazione per la situazione che si è creata negli ultimi giorni e, nello stesso tempo, rivolgere un accorato appello affinché sia impegno di tutti rispettare lo status quo della città, in conformità con le pertinenti Risoluzioni delle Nazioni Unite. Gerusalemme è una città unica, sacra per gli ebrei, i cristiani e i musulmani, che in essa venerano i Luoghi Santi delle rispettive religioni, ed ha una vocazione speciale alla pace. Prego il Signore che tale identità sia preservata e rafforzata a beneficio della Terra Santa, del Medio Oriente e del mondo intero e che prevalgano saggezza e prudenza, per evitare di aggiungere nuovi elementi di tensione in un panorama mondiale già convulso e segnato da tanti e crudeli conflitti”.
E’ proprio il caso di dire “sante parole”; nella polveriera del Medio Oriente, dilaniata da conflitti violentissimi, l’ultima cosa che bisognava fare era di gettare ulteriore benzina sul fuoco del conflitto politico e religioso fra Israele ed il mondo arabo-mussulmano, che costituisce il motore primo, la madre di tutte le guerre che sconvolgono il Medio Oriente.
E non si tratta di realismo ma di un atto di provocazione con il quale gli USA appoggiano e diventano complici dell’annessione allo Stato di Israele di Gerusalemme Est, che dal 1967 le Nazioni Unite, da ultimo con la risoluzione del Consiglio di Sicurezza 2334 del 2016, considerano territorio occupato. Gerusalemme è una città indivisibile, ma nulla vieta che, suggellando un patto di pace, possa essere contemporaneamente capitale di due Stati, come Roma che è al tempo stesso, capitale d’Italia e sede dello Stato città del Vaticano.
Nel 1980 i territori occupati di Gerusalemme est sono stati annessi allo Stato di Israele, ma non sono stati annessi gli abitanti, che sono considerati come degli stranieri con permesso di soggiorno e diritti civili limitati.
Questa situazione di ingiustizia non poteva essere riconosciuta dalla Comunità internazionale che ha mantenuto aperta la questione di Gerusalemme proprio per dare una chance ai negoziati per una soluzione pacifica del conflitto.
Calpestando il diritto internazionale Trump ha avuto l’impudenza di invocare la pace, ma noi sappiamo che non vi è pace senza giustizia. La pace invocata da Trump ci ricorda la pax romana evocata da Tacito: hanno fatto un deserto e l’hanno chiamato Pace.
di Domenico Gallo edito dal Quotidiano del Sud e pubblicato sul Corriere dell’irpinia