GINO BUCCHINO, EX PARLAMENTARE, PRESIDENTE PD CANADA: PERCHÉ VOTERÒ NO.

Intervista di Alberto Campailla 

ginobucchino1Gino Bucchino, classe 1948, calabrese di nascita e fiorentino di adozione, residente in Canada. Medico di professione, nel corso della sua vita ha associato il suo lavoro ad azioni di cooperazione e di assistenza sanitaria con lunghe permanenze in Africa (Somalia e Uganda) e in America Latina (Venezuela e Ecuador); da decenni esponente dell’associazionismo progressista in emigrazione, è stato responsabile della Filef in Canada. Eletto deputato nel  2006 nelle fila de L’Unione e riconfermato nella XVI legislatura 2008-2012 per il PD nella ripartizione Nord e Centro-America della Circoscrizione Estero. Ricopre attualmente la carica di presidente del PD in Canada. La scorsa settimana, in un incontro a Roma, ci ha rilasciato questa intervista.

Una sua recente “riflessione” sul Referendum l’ha vista schierata con convinzione per il NO. Desideriamo approfondire questa sua posizione su una questione che deve averla fortemente motivata considerato che dai tempi della sua decisione di non ricandidarsi, aveva mantenuto l’impegno del silenzio nei confronti della politica del nostro Paese. Cosa le fa paura e cosa non le piace del prossimo quesito referendario?

Paura e’ una parola forte. Non ho infatti quel tipo di paura legata a scenari che impediscano o limitino fortemente la libertà dei cittadini e la libera espressione del loro pensiero e del diritto di schieramento e di appartenenza.
Ho però paura, e molta, che qualcuno pensi di potersi arrogare il diritto di fare un po quello che vuole, finendo per banalizzare e ridurre il Parlamento a semplice assemblea che si limita ad apporre il timbro sulle decisioni del Governo. Se questo avviene la centralità del parlamento non esiste più’. Cambierebbe la natura della nostra Repubblica.

Si spieghi meglio, che c’entra tutto questo con il superamento del bicameralismo, con la semplificazione della attività legislativa e con risparmio sui costi della politica?

C’entra eccome, tutto quello che lei elenca è esattamente quello che il Governo e i sostenitori del Si vogliono far credere. Oddio, in parte, e solo in parte, c’è della verità, ma a me sembra più uno spot pubblicitario che mette in risalto la bontà di un prodotto per convincere la gente a comprarlo. Ma quanto, di un qualsiasi spot pubblicitario, è effettivamente “vero”?

Il supposto superamento del bicameralismo perfetto è tutto da verificare. Dovremo verificare, purtroppo solo dopo, se e come il nuovo Senato dialogherà con la Camera dei deputati. Non c’è nessuna chiarezza sulle modalità di interlocuzione e di intervento del nuovo Senato. Ciò che è più che chiaro è che la fiducia sarà una prerogativa della Camera.

E’ invece ragionevole pensare, e temere, che ci sarà molta confusione e conflitti istituzionali che con molta probabilità finiranno per ritardare l’attività legislativa anziché snellirla. E poi, mi scusi, ma cosa ce ne facciamo di un Senato composto in gran parte da figure politiche di consiglieri regionali e sindaci che, a rigore, dovrebbero essenzialmente pensare alla questioni relative alle loro città e regionali? Se davvero vogliamo snellire, semplificare, velocizzare l’azione legislativa, ma anche semplicemente operativa, penso che una figura politica locale dovrebbe occuparsi solo del territorio in cui è stato eletto. Perché questo doppio incarico che potrà portare solo confusione e disattenzione?

Risparmio dei costi della politica? Bene non ci sono più i 315 senatori del vecchio Senato e questo indubbiamente è un risparmio stimato, mi pare, tra i 50 e i cento milioni. Ma i nuovi costi? Nessuno dice niente, ma sono pronto a scommettere che i “nuovi senatori” avranno almeno un rimborso spese, per non parlare di gettoni di presenza, indennità di missione e chissà quanto altro. Che siano erogati dal Senato o dagli enti locali, cambierà poco, sempre soldi pubblici sono, o no ? E poi l’impianto del Senato (il palazzo e tutto quello che comporta in termini di personale e costi per il suo funzionamento, ecc.) viene mantenuto intatto. Se veramente si volevano ridurre i costi non era meglio ridurre semplicemente il numero sia dei senatori che dei deputati?

Ma queste mie perplessità non sono niente in confronto al vero guaio istituzionale che comporta questa riforma. In pratica rischiamo una concentrazione del potere nelle mani e nelle teste di pochi, troppo pochi, e questo non piace per niente alla parola “democrazia”. Senza un Senato vero, tutto il potere è nella mani della camera dei Deputati che poi, purtroppo, come ho già detto, si limiterà inevitabilmente ad apporre il timbro “ok” sulle decisioni del Governo. Tradotto in soldoni sarà una sola camera -o meglio il Governo- ad eleggere il Presidente della Repubblica e a determinare i Giudici della Corte Costituzionale. E così non si potrà più parlare di organismi istituzionali di controllo e di equilibrio tra i poteri dello Stato.
E ciò avverrà soprattutto grazie alla miscela esplosiva dell’abbinamento di questa riforma alla riforma elettorale (Italicum), che come noto è già stata da tempo approvata. E questo davvero non mi piace.

Cosa c’entra la riforma elettorale con la riforma della Costituzione?

La riforma elettorale, il cosiddetto Italicum, al di là di vergognose entrate a gamba tesa come i capolista bloccati e la loro possibilità di presentarsi in una decina di collegi per evitare la figuraccia di non essere eletti, prevede anche un premio di maggioranza, che sarebbe meglio chiamare premio di minoranza, perché dà la maggioranza assoluta al partito che vince le elezioni e che supera la soglia del 40%. Dato che non credo possibile che nessun partito raggiunga questa quota si andrà al ballottaggio con il rischio che il partito che arriva primo, anche con uno piccolo 24-25% finirà per avere il 54% dei dei seggi alla Camera.

Non abbiamo detto niente degli italiani residenti all’estero. Cosa succederà alla rappresentanza in Parlamento?

Già, anche questa è una vera perla dell’ assurdo e della disattenzione totale nei confronti degli italiani all’estero.
L’eliminazione del vecchio Senato senza prevedere una rappresentanza in seno al nuovo Senato è una vergognosa cecità. Ridurre di un buon terzo, da 18 a 12, la rappresentanza in Parlamento è una ulteriore conferma della disattenzione, sempre mal celata, verso l’emigrazione italiana. Voglio solo sottolineare che l’emigrazione, perché di vera emigrazione ancora si tratta, di cittadini italiani che se ne vanno per sempre, più di 100,000 solo nel 2015, ha conquistato dignitoso diritto di partecipazione e di rappresentanza, dai Comites al CGIE alla rappresentanza parlamentare, e non esiste una solo valida ragione per ridurla e declassarla ad una sparuta pattuglia di rappresentanza alla Camera. Anche perché in realtà i 5 milioni di italiani all’estero, eleggevano solo 18 tra parlamentari e senatori, mentre, per capirci,  una regione come l’Emilia Romagna o come la Puglia, che hanno una popolazione di 4 milioni e mezzo, ne eleggevano oltre 40. Quindi, la riduzione era già consistente in partenza.

Peccato, perché con questa riforma, da questo punto di vista, si è persa un’altra vera occasione del nostro Paese per arricchirsi dell’esperienza dei nostri cittadini emigrati e residenti all’estero che da decenni hanno dimostrato capacità e dignità politica molto, ma molto distante dal provincialismo nostrano.
Conosco personalmente, uno per uno, i miei ex colleghi che stanno facendo una lavoro meraviglioso e hanno davvero arricchito il lavoro del Parlamento intero.
Non capisco il loro schierarsi, con poche eccezioni, forse una sola, per il SI.
Certamente avranno le loro ragioni e sarà mio impegno ascoltarle con la dovuta attenzione così come sono certo faranno loro nel confronto con le miei ragioni, con la speranza di potere così fornire ai nostri connazionali tutti gli strumenti di conoscenza per esprimere coscientemente il loro voto.

Insomma un NO deciso alla riforma della Costituzione?

No, non è proprio così. Anche io, come immagino tutti, ma proprio tutti, siamo coscienti che la nostra amatissima Costituzione in alcuni punti comincia a manifestare i segni dell’eta, che guarda caso, è la stessa mia età dato che sono nato proprio il 1 gennaio 1948. Insomma alcuni ritocchi per ringiovanirla un poco vanno bene e sono auspicabili. Voglio quindi dire che non sono affatto contrario ad una riforma costituzionale, ma sono del tutto contrario a questa riforma costituzionale, pasticciata e pericolosissima se abbinata alla riforma elettorale. Perché tutta questa fretta?

L’allarme “spot pubblicitario-elettorale” lanciato dai sostenitori del SI va letto esattamente al contrario. Non è affatto vero che se non cambiamo adesso non cambiamo più, temo invece fortemente il contrario. Meglio dunque prenderci qualche mese di riflessione e soprattutto stare lontani dall’abbinamento perverso con la riforma elettorale.

Fonte: Emigrazione Notizie