3 luglio 2025

Se chiedessimo in giro cosa è il Psnai, possiamo scommettere che nessuno o quasi saprebbe rispondere. Se dicessimo che esiste un Piano strategico nazionale delle aree interne susciteremmo meraviglia. E se poi aggiungessimo che dal 2014 è in atto una strategia nazionale per le aree interne (Snai) desteremmo incredulità. Perché nessuno se n’è accorto. Qualche amministratore coscienzioso o burocrate attento, certo. Ma non in generale la pubblica opinione, o – quel che più conta – la politica. Dal marzo 2025 esiste – ma è pubblico solo ora – un ponderoso rapporto (164 pagine), del Dipartimento per le politiche di coesione e per il Sud della Presidenza del consiglio dei ministri. Una lettura da non perdere, perché trae dai dati non solo l’analisi dell’esistente, ma anche gli scenari possibili, anzi probabili. E sono previsioni che toccano la vita di milioni di persone, in specie nel Mezzogiorno. L’avvio del rapporto non dice nulla che non sapessimo già. “La sfida demografica, insieme ai fenomeni correlati dello spopolamento e dell’invecchiamento della popolazione, rappresenta una delle minacce più gravi per l’Unione Europea e, in particolare, per l’Italia. In particolare, le aree interne si trovano ad affrontare criticità più accentuate, in quanto sono maggiormente esposte a fenomeni come il forte spopolamento, l’invecchiamento della popolazione e la carenza di servizi”.

Il rapporto fa una radiografia delle aree interne in tutto il paese. I Comuni sono classificati in base alla disponibilità di servizi (sanità, istruzione, trasporti), e alla distanza da centri in cui quei servizi sono ottenibili. Si giunge così alla individuazione di quattro categorie: comuni di cintura, intermedi, periferici, ultraperiferici. È una classificazione che misura la difficoltà per i cittadini del Comune di ricevere un servizio qualitativamente e quantitativamente adeguato. Sono classificati come aree interne i Comuni delle tre ultime categorie: intermedi, periferici e ultraperiferici. Si tratta di 3834 Comuni con quasi 13 milioni e mezzo di residenti. Ed ecco il punto che ci riguarda. Le tabelle dimostrano che la maggior parte dei Comuni rientranti nella definizione di aree interne si trova nel Mezzogiorno, e lo stesso vale per la popolazione residente (in specie, p. 31). Chiaro poi l’incrocio poi con le previsioni demografiche Istat. “Tra 10 anni quasi il 90% dei Comuni delle aree interne del Mezzogiorno subirà un calo demografico, con quote che raggiungeranno il 92,6% nei Comuni ultraperiferici. La situazione appare migliore per le aree interne del Centro-nord (con il 73,3% dei Comuni in declino), confermando disparità esistenti tra aree che presentano le medesime condizioni di fragilità in termini di accessibilità ma che si trovano in aree geografiche diverse” (p. 39). Un elemento essenziale della maggiore fragilità del Sud è dato dalla fuga dei giovani, che emigrano in cerca di fortuna. Contribuisce a determinare uno scenario possibile in cui “un numero non trascurabile di aree interne si trova già con una struttura demografica compromessa. … Queste aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza ma non possono nemmeno essere abbandonate a sé stesse. Hanno bisogno di un piano mirato che le possa assistere in un percorso di cronicizzato declino e invecchiamento in modo da renderlo socialmente dignitoso per chi ancora vi abita” (p. 45-46). Si prospetta una eventuale strategia di eutanasia territoriale, accompagnata da un pietoso sostegno di cure palliative. Un contesto in cui si dimostra sbagliato l’atteggiamento sulla Academy di San Giovanni a Teduccio del presidente della Regione Vincenzo De Luca, in battaglia personale contro il resto del mondo. Non è certo la questione di “regali a vuoto”, di cui leggiamo su queste pagine. L’Academy comunque si iscrive nel tentativo di evitare un futuro forse già scritto in assenza di politiche adeguate. Candidature e numero di mandati sono piccole miserie quotidiane. Un vero problema è invece dato da quella parte del Sud che potrebbe nel giro di pochi anni giungere a un punto di non ritorno. Milioni di persone. Ne parliamo in campagna elettorale?